In: "Vivere (bene) nel
2030", Futuri, n. 9,
settembre 2017, p. 22-26
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Chiunque si occupa di
problemi economici deve, per forza, fare delle previsioni. Ciò vale a maggior
ragione per chi si occupa di processi di produzione di merci, di uso delle
risorse naturali e di problemi ambientali. Ad esempio chi produce scarpe deve
poter prevedere quante persone, l’anno venturo, avranno bisogno di scarpe da
uomo o da donna; quando uno deve progettare la costruzione di un impianto che
produrrà acciaio fra dieci anni deve prevedere quanto acciaio sarà richiesto per
costruire case, ponti, automobili, lattine per le conserve di pomodoro,
eccetera.
Ho avuto la sorte di studiare
e poi di insegnare insieme a docenti e colleghi attenti alle tendenze
produttive del futuro: addirittura allo studio di come i processi o le merci si
fanno concorrenza nello stesso mercato, come una nuova merce (i computer, per esempio)
può portare alla scomparsa della produzione di un’altra (le macchine per
scrivere).
Ercole Moroni, un dimenticato economista
dell’Università di Bologna, già nel 1957 pubblicò nel prestigioso “Giornale
degli Economisti” un saggio dal titolo: "Progresso tecnico e teoria
matematica della lotta per l'esistenza”.
Quando poi, negli anni sessanta
del secolo scorso, è cresciuta l’attenzione per l’ecologia, è diventato
necessario comprendere come sarebbero aumentati gli inquinamenti in seguito
alla produzione di certe merci, o le alluvioni in seguito alla costruzione di edifici
e strade nell’alveo dei fiumi.
Quando fu pubblicato il “rivoluzionario”
libro sui “Limiti alla crescita”, a cura del Club di Roma, nel 1972, agli
studiosi di Merceologia sembrarono ovvie le previsioni dei rapporti fra aumento
di una popolazione, massa delle merci agricole e industriali usate,
impoverimento delle riserve di risorse naturali e aumento degli inquinamenti.
Le crisi energetiche degli
anni settanta hanno indotto i governi e gli studiosi ad elaborare delle
previsioni dei fabbisogni energetici, dei processi per soddisfarli e degli
effetti ambientali di ciascuno scenario.
Nell’ambito di Italia Nostra nel
1976, 1979 e 1980 furono pubblicate previsioni dei fabbisogni per un’Italia a
bassa intensità di energia; previsioni per un’Italia sostenibile al 2020 furono
pubblicate nel 1997 da EcoIstituto Veneto.
Naturalmente le previsioni venivano
smentite dagli eventi economici e dalle innovazioni tecnologiche successivi ma
offrivano l’occasione per comprendere le tendenze in atto. L’analisi
retrospettiva delle previsioni sbagliate fatte nel passato è un interessante
capitolo delle ricerche sul futuro.
Abbastanza curiosamente
questo “furore” di studi sul futuro degli anni settanta è stato seguito, negli
anni del benessere economico e delle successive crisi, da un rallentamento
dell’interesse per tali studi proprio in decenni di grandi rivoluzioni come la
comparsa di nuovi paesi industriali e di aumenti produttivi, il peggioramento
del clima, l’impoverimento delle riserve di acqua o petrolio o di alcuni
minerali, la crescita abnorme delle megalopoli.
Fortunatamente da alcuni anni
sono ripresi gli studi sul futuro, le previsioni, le analisi delle ragioni per
cui son state sbagliate le previsioni del passato. In quest’ambito si colloca
la presente importante iniziativa col fine di analizzare le relazioni sulle condizioni
dell’Italia nel 2030. La maggior parte delle relazioni presentate a questo
incontro --- che si svolge negli stessi giorni in cui il governo italiano ha
presentato e offerto alla discussione una nuova versione della Strategia energetica,
a quattro anno delle versione precedente del 2013 --- riguardano fenomeni che
hanno, direttamente o indirettamente, effetti sull’ambiente naturale.
In queste brevi note saranno
esaminati soltanto alcuni possibili mutamenti nel fabbisogno di materiali e di
energia, i settori che sono i principali responsabili di tali effetti
ambientali.
Abitazioni e città
I circa 60-62 milioni di persone
che abiteranno nei prossimi quindici anni in Italia avranno una distribuzione
per età differente dall’attuale, con un aumento del numero degli anziani e degli
immigrati di prima e seconda generazione.
Ci sarà una richiesta di
abitazioni prefabbricate e di edilizia popolare, per situazioni di emergenza
come quelle che si verificano dopo alluvioni o frane o terremoti, e come
abitazioni per gli immigrati, il cui numero aumenterà, come aumenterà la necessità
di superare le condizioni di precarietà in cui molti di essi vivono
attualmente.
Questa transizione avrà
effetti sulla richiesta di cemento e materiali da costruzione, di mobili ed elettrodomestici,
con riflessi sull’occupazione nei rispettivi settori e sull’ambiente.
Ci sarà una tendenza alla
diffusione di impianti a energia solare per rendere autonomi, come rifornimento
di elettricità, gli edifici unifamiliari.
Acqua e fognature
Saranno necessarie azioni per
diminuire le perdite di acqua potabile (di buona qualità, una risorsa scarsa) nelle
reti di distribuzione (attualmente tali perdite ammontano a circa il 30 % dell’acqua
immessa nelle reti) e per migliorare lo stato delle fognature, insufficienti
anche in grandi città, e dei processi di depurazione delle acque usate,
attualmente molto carenti con conseguenti inquinamenti delle falde sotterranee,
dei fiumi e del mare e diffusione di malattie.
I processi di depurazione
delle acque usate urbane, stimate in 5 miliardi di metri cubi all’anno, producono come residui dei
fanghi da cui è possibile ottenere metano da usare come combustibile.
Città e trasporti
I prossimi quindici anni
saranno caratterizzati da mutamenti nei mezzi e nelle modalità di trasporto, al
fine di diminuire il consumo di energia (oggi circa un terzo dei consumi totali
di energia italiani, soprattutto sotto forma di prodotti petroliferi) e di
diminuire l’insostenibile inquinamento dell’aria urbana dovuto al traffico.
I mezzi di trasporto privati
dovranno essere ridimensionati sia come parco circolante, sia come qualità, con
tendenza verso modelli a basso consumo di energia e a basso inquinamento.
Dovranno essere incentivate
le azioni per un maggiore fattore di utilizzazione degli autoveicoli esistenti;
gli autoveicoli privati attualmente sono responsabili di un elevato “consumo di
spazio”, considerando che un autoveicolo in generale sta fermo un tempo
stimabile nel 90 % delle ore della giornate durante le quali occupa spazio,
privato, ma soprattutto pubblico.
Si diffonderanno veicoli
elettrici, ibridi o totalmente elettrici, con una richiesta di stazioni stradali
urbane di ricarica dell’elettricità.
Per azionare i motori per
autoveicoli elettrici ci sarà una tendenza all’uso di celle a combustibile ad
idrogeno, prodotto con l’elettricità e distribuito in speciali reti di distribuzione.
Al fine di diminuire la
domanda di trasporti privati sarà privilegiato il trasposto pubblico su rotaia
con treni adatti per pendolari. Sarà quindi fermata l’attuale tendenza a linee
ferroviarie veloci, pensate come alternativa al trasporto aereo per passeggeri,
e saranno potenziate le reti ferroviarie già esistenti, con molto minore
impatto sul territorio.
Sempre al fine di diminuire i
consumi di energia nei trasporti molte attività produttive e uffici saranno
decentrati nei quartieri residenziali per diminuire il pendolarismo dei
lavoratori.
Allo stesso fine sarà
incoraggiato il telelavoro sia in unità decentrate, sia nelle stesse abitazioni
degli impiegati, con evoluzione della normativa a difesa dei lavoratori.
Energia
I prossimi quindici anni
saranno caratterizzati da una diminuzione dei consumi di petrolio, limitati ai
trasporti, e di carbone, molto inquinante, attualmente usato principalmente
nelle centrali termoelettriche.
Le centrali termoelettriche
residue saranno alimentate con gas naturale. Una crescente frazione
dell’elettricità, la cui richiesta aumenterà sia pure limitatamente, sarà prodotta
con impianti fotovoltaici o eolici.
Una parte degli impianti fotovoltaici
saranno usati, come si è detto, nelle singole abitazioni con accumulo di
energia; la parte principale sarà in impianti di maggiori dimensioni che scambiano
elettricità con le reti di distribuzione in coordinamento con la produzione termoelettrica.
Bisognerà avere cura di evitare le speculazioni finanziarie favorite dall’attuale
politica di incentivazione con denaro pubblico di impianti privati a energie
rinnovabili.
La crescente richiesta di
elettricità da fonti rinnovabili incoraggerà la produzione nazionale di
impianti fotovoltaici ed eolici, attualmente in gran parte importati; vi sarà
un aumento dell’occupazione per la manutenzione degli impianti fotovoltaici.
Vi sarà un aumento della produzione
di elettricità con impianti idroelettrici di piccole dimensioni, di produzione
nazionale, che utilizzano piccoli salti d’acqua, anche come conseguenza di una
nuova gestione dei bacini idrografici.
Industria
Alla crisi delle produzioni
industriali tradizionali --- acciaio, alluminio, chimica di base --- la risposta
sarà offerta dal potenziamento di produzioni meccaniche ed elettriche di cui
esiste una lunga tradizione in Italia.
Nel campo degli autoveicoli aumenterà
la produzione di autoveicoli privati di piccola dimensione e di mezzi di trasporto
pubblici come tram e autobus elettrici, oltre che di treni per pendolari.
Aumenterà la richiesta di
impianti a energie rinnovabili (fotovoltaico, eolico e biomasse) e di batterie
di accumulatori dell’elettricità sia per autoveicoli, sia per singole
abitazioni.
Un ruolo importante avranno
le attrezzature per servizi igienici e sanitari (depurazione delle acque usate)
e per il trattamento e riciclo dei rifiuti.
Il trattamento dei rifiuti riguarderà
una massa crescente di materiali, dagli attuali 150 ad oltre 200 milioni di
tonnellate all’anno. Aumenteranno anche i rifiuti di apparecchiature elettriche
ed elettroniche e di mezzi di trasporto, con conseguente crescente richiesta,
anche a livello universitario, di tecnologie di riciclo; tali operazioni
forniscono materiali di recupero che alimenteranno alcuni settori industriali
(acciaio al forno elettrico, alluminio secondario), con minore richiesta di
materie di importazioni e minori inquinamenti.
Agricoltura
Si verificherà una revisione
delle politiche agroalimentari al fine di diminuire le importazioni di prodotti
che erano tradizionali dell’agricoltura italiana.
L’agricoltura trarrà benefici
dall’uso a fini di produzioni chimiche e energetiche di residui e sottoprodotti,
ad esempio delle attività zootecniche e delle coltivazioni agricole.
La transizione richiede un
intenso impegno nelle ricerche della microbiologia industriale.
Saranno riprese le coltivazioni
anche di alcune piante da fibra e da cellulosa in cui l’Italia aveva una posizione
dominante in passato e che rappresentano alternative rinnovabili alle fibre tessili
sintetiche basate su prodotti petroliferi e alle materie prime cartacee di
importazione
CI saranno innovazioni nella
zootecnia per diminuire le importazioni di carni e per diminuire le emissioni
nell’atmosfera di gas che alterano il clima e le emissioni nelle acque di
rifiuti organici, dalla cui depurazione sarà possibile recuperare crescenti
quantità di metano combustibile.
Difesa del suolo
Il maggiore impegno ambientale
dei prossimi quindici anni riguarda il contrasto ai fenomeni di frane e
alluvioni dovuti sia al diboscamento e all’abbandono delle zone montane e
collinari, sia a costruzioni di edifici e strade che ostacolano il flusso delle
acque.
I mutamenti climatici
renderanno più frequente l’alternarsi di improvvise piogge intense e di siccità
che aggravano l’erosione del suolo.
La soluzione andrà cercata in
una nuova politica di gestione dei corsi di acqua, dai fossi, ai torrenti, ai
fiumi secondari, ai fiumi principali, cioè dei vari bacini idrografici, considerati
come unità ecologiche e amministrative.
Per assicurare lo scorrimento
delle acque verso valle sarà necessario creare strutture di vigilanza sui corsi
di acqua per prevedere le zone e i tempi interessati a frane e alluvioni e
prevenirne le conseguenze.
Nelle valli dovranno essere
intensificate azioni di rimboschimento e di copertura vegetale, le uniche che
rallentano e frenano la forza erosiva delle acque. La difesa del suolo
rappresenta una grande occasione di occupazione. Un esercito del lavoro che
utilizzi giovani disoccupati e immigrati.
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