mercoledì 30 settembre 2009

Quale è la verità ?

Villaggio Globale, 12, (45), marzo 2009
http://www.vglobale.it/VG/Articoli.php?UID=2867&nuid=48&suid=255
http://www.scribd.com/doc/13774436/2009-45-la-verita
http://nonviolenti.org/doc/An_05.09.pdf


Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it


1. Siamo di fronte a mutamenti climatici dovuti al riscaldamento della Terra per effetto serra: le attività umane immettono nell’atmosfera anidride carbonica e altri gas che modificano la trasparenza dell’atmosfera alle radiazioni solari che raggiungono la superficie terrestre e alle radiazioni chela Terra stessa, un corpo ”caldo” immerso negli spazi freddissimi interplanetari, irraggia verso l’esterno. La radiazione solare in entrata in media è maggiore di quella re-irraggiata dal pianeta verso l’esterno per cui i continenti e gli oceani stanno subendo un lento riscaldamento che comporta mutamenti nella circolazione delle acque oceaniche, fusione dei ghiacci e minaccia di aumento del livello dei mari. Lo dicono agenzie intergovernative, molti governi decidono di modificare le proprie politiche economiche e ambientali per arginare questo fenomeno.

Niente vero. Anzi le emissioni nell’atmosfera dell’anidride carbonica e dei “gas serra” nell’atmosfera non sono dovute alle attività umane ed è sbagliatissimo emanare leggi e intraprendere iniziative fiscali per limitare tali emissioni, tanto più che se aumenta il costo dei combustibili fossili e delle merci si compromettono i già fragili equilibri economici internazionali. Anzi forse è vero che aumenta la concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera e che ciò provoca mutamenti climatici, ma la soluzione va cercata nell’uso, al posto dei combustibili fossili, dell’energia nucleare che produce calore e elettricità senza emissione di anidride carbonica.

Anzi forse è vero che sono in atto dei mutamenti climatici, ma si tratta di fenomeni del tutto naturali, come dimostra la meteorologia storica; raffreddamenti e riscaldamenti della Terra si sono verificati nei millenni e nei secoli passati quando non c’erano carbone e petrolio che quindi non possono essere accusati di tali mutamenti. Anzi non c’è neanche un riscaldamento globale che fa fondere i ghiacciai perché rilevamenti accuratissimi mostrano che la superficie e il volume dei ghiacci polari sta aumentando e quindi, tranquilli, continuate ad usare petrolio e automobili sempre più potenti.

Anzi questa storia del riscaldamento globale è una pura invenzione del capitale internazionale per costringere i popoli poveri a limitare i loro consumi ed è quindi un’abile operazione di neoimperialismo a cui bisogna rispondere incoraggiando i consumi energetici.

Allora quale è verità ?

2. Ci sono dei segni che le riserve mondiali di petrolio si stanno esaurendo; i famosi pozzi degli Stati Uniti, che fornivano petrolio a tutto il mondo, si stanno svuotando e gli Stati Uniti sono oggi costretti a importare circa la metà del proprio fabbisogno di petrolio da altri paesi. Come ha ben spiegato il famoso geologo King Hubbert, le statistiche della produzione di qualsiasi risorsa esauribile mostrano che la produzione aumenta rapidamente a mano a mano che se ne riconoscono i vantaggi, poi rallenta, poi addirittura diminuisce a mano a mano che le riserve si impoveriscono dopo aver superato un massimo, il celebre “picco di Hubbert”. Il fenomeno si osserva nel caso di molti pozzi petroliferi, ma anche di molte altre materie prime estratte da risorse non rinnovabili. Vale per il nitrato di sodio estratto nell’Ottocento dai giacimenti cileni, vale per lo zolfo estratto in Sicilia nel corso dell’Ottocento da giacimenti che si sono esauriti, vale per l’acido borico presente nei soffioni boraciferi di Larderello e vale in molti altri casi.

Niente vero. Anzi il petrolio esistente nel mondo è molto di più di quello che si pensi; molti giacimenti vengono chiusi perché l’estrazione del petrolio residuo costerebbe troppo; molti giacimenti non vengono esplorati e messi in funzione perché il ricavato delle compagnie è troppo basso. Anzi ci sono giacimenti grandissimi di scisti bituminosi da cui è possibile ottenere petrolio a costi accettabili. Anzi è bene non mettere mano nei giacimenti di sabbie e scisti bituminosi perché l’estrazione, da essi, del petrolio è conveniente ma ha un alto costo di inquinamento ambientale per le scorie che residuano.

Anzi il petrolio non si forma per decomposizione di sostanze organiche finite nel sottosuolo centinaia di milioni di anni fa e quindi trasformate in petrolio esauribile, ma si forma anche per reazioni fra materiali inorganici presenti in quantità grandissime nella crosta terrestre e quindi le riserve di petrolio sono praticamente illimitate. Anzi solo una piccola parte dei continenti e degli oceani è stata esplorata a fini di prospezioni petrolifere e di gas naturale e quindi i deserti caldissimi o le zone nordiche ghiacciate o il fondo degli oceani nascondono riserve grandissime di petrolio.

Anzi le riserve petrolifere sono davvero limitate ma il petrolio e molti prodotti petroliferi possono essere ottenuti dalla gassificazione del carbone, di cui esistono giacimenti molto più grandi di quelli del petrolio e del gas messi insieme. Anzi la gassificazione del carbone è una cosa pessima perché richiede l’estrazione di crescenti quantità di carbone da miniere in cui le condizioni di lavoro sono dolorose e pericolose. Anzi il carbone può essere trasformato in gas nel sottosuolo senza portarlo in superficie.

Allora quale è la verità ?

3. L’uso di combustibili fossili --- carbone, petrolio, gas naturale --- provoca l’aumento della concentrazione nell’atmosfera di gas serra responsabili dei mutamenti climatici. La vera soluzione va cercata nell’uso dell’energia nucleare che produce elettricità a basso prezzo in grande quantità, in modo sicuro e senza emissioni di anidride carbonica.

Niente vero. Anzi con i reattori nucleari si può ottenere soltanto elettricità e quindi il settore dei trasporti continuerebbe a chiedere prodotti petroliferi, a meno di utilizzare l’elettricità nucleare per produrre come carburante il controverso idrogeno. Anzi la produzione di energia nucleare è accompagnata dalla formazione di grandi quantità di scorie radioattive che devono essere tenute separate dalla biosfera per secoli o millenni. Anzi l’elettricità nucleare non è inquinante, a differenza di quella ottenuta bruciando prodotti petroliferi e carbone e il problema della sistemazione delle scorie radioattive è fastidioso ma è risolvibile seppellendole in adatte cave o nel sottosuolo o negli oceani o mandandoli nello spazio mediante appositi razzi.

Anzi è impossibile seppellire le scorie nucleari che contengono elementi che sono radioattivi ancora dopo 200.000 anni perché occorrerebbe una continua sorveglianza dei depositi da parte di una polizia internazionale con perdita delle libertà individuali. Anzi l’energia nucleare è sicura perché nelle molte diecine di anni (circa 12.000 anni-reattore) in cui alcune centinaia di reattori hanno funzionato ci sono stati due soli incidenti “importanti”, quello di Three Mile Island negli Stati Uniti e quello di Chernobyl, in Ucraina. Anzi esiste una lunga storia di incidenti a centrali nucleari, a impianti di arricchimento dell’uranio, a impianti di ritrattamento del combustibile irraggiato, al trasporto di materiali radioattivi. Anzi i veri pericoli e costi si hanno quando una centrale nucleare deve essere smantellata e si deve trovare una sistemazione per i materiali da costruzione contaminati da radioattività.

Anzi l’energia nucleare è più costosa di quella ottenute da combustibili fossili o da fonti rinnovabili. Anzi l’energia nucleare è economica; se si fanno i conti del costo dell’elettricità nucleare riferiti all’intero ciclo dal minerale di uranio ai reattori alle scorie si vede che esso è più basso del costo dell’elettricità ottenibile dai combustibili fossili, da fonte idroelettrica o geotermica e anche da fonti rinnovabili. Anzi una parte dei costi possono essere recuperati vendendo il plutonio che si forma come sottoprodotto dopo separazione dagli altri elementi radioattivi presenti nel combustibile irraggiato. Anzi questo è possibile soltanto con la moltiplicazione delle armi nucleari e quindi dell’instabilità politica mondiale. Anzi il ritrattamento del combustibile irraggiato è una operazione pericolosa e inquinante. Anzi le riserve di uranio nel mondo sono limitate e, se venisse avviato un vasto programma di costruzione di centrali nucleari, raggiungerebbero anche loro un “picco di Hubbert” per poi declinare. Anzi le riserve mondiali di uranio sono molto grandi e i reattori autofertilizzanti possono trasformare anche l’uranio-238 non fissile in plutonio fissile e far durare le riserve di uranio, grandi o limitate che siano, per tempi lunghissimi. Anzi al posto dell’uranio si può far funzionare i reattori con torio che è abbondante sulla Terra.

Allora quale è la verità ?

4. E’ certo che l’uso dei combustibili fossili comporta l’esaurimento delle riserve esistenti e provoca mutamenti climatici e che la soluzione nucleare è inaccettabile. La vera soluzione va cercata nel ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, tutte derivate dal Sole, sotto forma di calore solare o di energia eolica.

Niente vero. Anzi sulla produzione di energia dal Sole non si può contare perché occorrerebbero migliaia di chilometri quadrati di superficie terrestre coperta di pannelli solari per avere quantità apprezzabili di calore o elettricità. Anzi sarebbe una cosa molto buona perché le grandi zone terrestri in cui la radiazione solare è elevata sono proprio nei deserti poco abitati dei paesi poveri e quindi da questi potrebbe venire il rifornimento di energia futura per i paesi industriali. Anzi è inaccettabile la dipendenza da nuovi monopoli energetici, questa volta costituiti dai paesi ricchi di Sole e di impianti solari. Anzi i paesi industriali potrebbero vendere pannelli solari ai paesi con elevata insolazione e comprare in cambio energia elettrica o idrogeno solari dai paesi oggi arretrati.

Anzi il ricorso al solare sarebbe una soluzione pessima perché gli impianti solari, termici o fotovoltaici, hanno una durata limitata, e dopo alcuni anni o decenni si dovrebbero smaltire enormi quantità di rottami inquinanti. Anzi solo i pannelli solari al silicio comportano problemi di smaltimento e di inquinamento tanto che tendono ad essere sostituiti da pannelli fotovoltaici a semiconduttori organici. Anzi non ci si deve neanche pensare perché il rendimento dei nuovi pannelli fotovoltaici è basso e occorrerebbero superfici terrestri ancora più grandi per fornire l’elettricità oggi necessaria nel mondo.

Anzi per produrre elettricità dal Sole conviene usare non i pannelli fotovoltaici ma piuttosto il calore solare con concentrazione per ottenere vapore per alimentare turbine. Anzi questa soluzione non convince perché i sistemi per concentrazione producono vapore in maniera intermittente e la produzione di vapore cessa se il cielo è coperto di nuvole. Anzi il calore solare ad alta temperatura può essere accumulato in speciali materiali e reso disponibile durante tutto il giorno.

Anzi se proprio si vuole ottenere elettricità dalle fonti rinnovabili meglio usare i motori eolici alimentati dal vento che si genera sulla terre emerse e sugli oceani dal movimento di aria che scorre dalle parti calde alle parti fredde del pianeta, dal momento che il vento ha dentro di se una forza grandissima. Anzi le centrali eoliche deturpano il paesaggio e uccidono gli uccelli che vengono risucchiati dal moto delle pale. Anzi l’energia eolica potrebbe fornire elettricità in forma decentrata e quindi si eviterebbero le grandi reti di trasmissione dell’elettricità generata dalle grandi centrali termoelettriche e nucleari. Anzi sarebbe una soluzione pessima perché gli impianti eolici forniscono elettricità in forma discontinua e una interruzione dell’erogazione potrebbe far morire negli ospedali i pazienti dipendenti da apparecchiature elettriche. Anzi i problemi della discontinuità sono inesistenti perché l’elettricità di origine eolica può essere accumulata, a mano a mano che si forma, in adatte batterie ricaricabili come le recenti a ioni di litio. Anzi sarebbe un disastro perché le maggiori riserve mondiali di litio sono nelle mani della Bolivia, un paese socialista e nemico del capitalismo, e il prezzo delle batterie al litio sarebbe destinato ad aumentare. Anzi la forza del vento potrebbe essere utilizzata nella maniera migliore usando la forza delle onde generate dal vento. Anzi le centrali elettriche a onde marine comportano devastanti interventi sulle coste.

Allora quale è la verità ?

5. La principale funzione che il Sole sa svolgere bene è la ”fabbricazione” di biomassa vegetale con la fotosintesi clorofilliana, che porta via anidride carbonica dall’atmosfera, e dalla biomassa vegetale è possibile ottenere sia combustibili solidi, sia combustibili liquidi come l’alcol etilico o il biodiesel da usare come carburante per autoveicoli.

Niente vero. Anzi la produzione di alcol etilico, o bioetanolo, dagli amidi di cereali, alimenti indispensabili per gli esseri umani e ancora di più per le popolazioni povere, sottrae una grande massa di alimenti alle bocche di chi ha fame; così i poveri non avrebbero di che mangiare per permettere ai SUV dei paesi ricchi di andare a tutta velocità. Anzi l’uso dell’alcol etilico come carburante libera dalla dipendenza dal petrolio e il bioetanolo può essere ottenuto da zuccheri o da materiali lignocellulosici e scarti della lavorazione del legno. Anzi in questo modo si incentiverebbe la piantagione di piante da zucchero o alberi a rapida crescita che alterano molti ecosistemi naturali e impoveriscono la biodiversità.

Anzi invece di alcol carburante si possono usare biocarburanti ottenuti dai grassi, il biodiesel. Anzi non si devono usare grassi da trasformare in biodiesel perché i grassi sono prodotti in monocolture che sottrarrebbero terreno alle coltivazioni di piante alimentari. Anzi conti accurati mostrano che la quantità di energia impiegata nelle varie operazioni di produzione dei biocarburanti è inferiore, talvolta molto inferiore, a quella che i biocarburanti liberano nei motori a scoppio. Anzi conti accurati mostrano che il consumo di energia, in parte ottenuta da combustibili fossili, per la preparazione dei terreni da coltivare a piante energetiche, per la semina, per il raccolto, la trasformazione in carburanti, per la distillazione, e lo smaltimento dei residui e sottoprodotti è molto più alta di quella che i biocarburanti liberano nei motori a scoppio. Anzi i sottoprodotti della trasformazione di prodotti agricoli e forestali in biocarburanti possono trovare utile impiego nell’alimentazione del bestiame..

Anzi la produzione di carburanti dalla biomassa vegetale, fatti bene i conti, contribuisce anche lei ai mutamenti climatici. Anzi l’uso dei biocarburanti è importante per contrastare il riscaldamento globale perché essi immettono nell’atmosfera anidride carbonica e gas serra nella produzione e nella combustione, ma si tratta dell’anidride carbonica sottratta dall’atmosfera quando le materie prime si sono formate per fotosintesi.

Allora quale è la verità ?

6. Il vero problema ambientale del futuro non é il rifornimento di energia, ma lo smaltimento dei rifiuti. Un paese come l’Italia produce ogni anno circa 150 milioni di tonnellate di rifiuti solidi, di cui circa 40 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani. Nell’intero mondo la produzione di rifiuti si può stimare di circa 10 miliardi di tonnellate all’anno, una quantità superiore a quella del carbone, petrolio e gas naturale estratti e bruciati ogni anno. La produzione di rifiuti domestici nel mondo si può stimare di circa 1,5 miliardi di tonnellate ogni anno: plastica, residui di alimenti, metalli, vetro, carta. eccetera. Nessuno sa come liberarsene e occorre contrarre i consumi e gli sprechi

Niente vero. Anzi con appropriate tecniche la maggior parte di questi rifiuti può essere riciclata e occorre diffondere la cultura della raccolta separata delle varie componenti dei rifiuti --- carta, vetro, plastica, metalli, eccetera --- che adatte industrie trasformano in nuove merci. Anzi la raccolta separata è inefficace perché le varie frazioni di rifiuti sono contaminate e di qualità merceologica che le rende inadatte alla trasformazione in nuove merci. Anzi la vera soluzione consiste nel bruciare tutto in appositi inceneritori. Anzi gli inceneritori sono altamente inquinanti e si deve ricorrere piuttosto a trattamenti meccanico-biologici. Anzi la vera soluzione è offerta dai trattamenti con torcia al plasma. Anzi la vera soluzione è offerta dalla pirolisi a bassa temperatura. Anzi meglio i gassificatori che trasformano i rifiuti in gas innocui, anzi in gas combustibili.

Anzi col calore generato dall’incenerimento dei rifiuti è possibile ottenere energia elettrica e quindi i rifiuti sono vere fonti energetiche rinnovabili. Anzi questo è un trucco per finanziare i proprietari degli inceneritori con soldi che sono fatti pagare ai cittadini con aumento delle tariffe elettriche, così che gli utenti pagano il diritto ad essere inquinati. Anzi gli inceneritori sono una soluzione pessima perché restano sempre dei residui solidi di ceneri che sin devono smaltire in qualche discarica. Anzi le discariche sono la vera soluzione per lo smaltimento dei rifiuti solidi. Anzi non si trovano spazi in cui aprire nuove discariche che sono poi puzzolenti e richiedono il trasporto dei rifiuti attraverso il territorio. Anzi le discariche sono buonissime perché si può recuperare il metano che si forma nella putrefazione dei rifiuti e dopo qualche tempo si possono coprire con terra e ci si possono piantare sopra degli alberi e dei parchi giochi. Anzi il materiale sepolto in una discarica anche dopo molto tempo nel sottosuolo libera liquami contaminati che vanno a inquinare le falde idriche sotterranee e gas come il metano che aggravano l’effetto serra. Anzi il fondo delle discariche si può impermeabilizzare e le acque di putrefazione possono essere portate in superficie e depurate.

Allora quale è la verità ?

7. Il vero grande problema del futuro dell’umanità è la scarsità di acqua potabile di buona qualità e di acqua per l’irrigazione. Bisogna limitare i consumi e evitare di inquinare le acque dolci esistenti.

Niente vero. Anzi non c’è un problema di scarsità di acqua perché si può recuperare acqua potabile dalla depurazione delle acque reflue delle città e dei villaggi con vantaggio per la salute delle popolazioni. Anzi l’acqua dolce può essere trasportata dalle grandi riserve idriche esistenti mediante grandi acquedotti. Anzi in questo modo si provocano conflitti fra paesi che sono attraversati dagli stessi fiumi o che si affacciano sugli stessi laghi e si turbano delicati equilibri negli ecosistemi associati ai grandi fiumi e laghi. Anzi l’acqua dolce può essere ottenuta dal mare per dissalazione. Anzi i costi e i consumi di energia dell’acqua dissalata sono altissimi. Anzi i costi di produzione dell’acqua dissalata sono minori di quelli dell’acqua trasportata con condotte soprattutto se si usa il calore di rifiuto di altre lavorazioni. Anzi la produzione di acqua dolce per dissalazione dell’acqua di mare e lo scarico delle soluzioni concentrate di sali che risultano dopo la dissalazione comportano disturbi alla pesca e alla vita marina.

Allora quale è la verità ?

Potrei andare avanti a lungo sugli esempi di negazionismo e revisionismo associati ai soli problemi ambientali: sembra che il revisionismo sia il grande sport del ventesimo e ventunesimo secolo applicato a molti aspetti della vita civile. Direi della vita “incivile” perché il progresso richiederebbe una grande operazione di ricerca della vera-verità anche nel campo scientifico e tecnologico e la fine del chiacchiericcio che esplode intorno ad ogni nuovo o vecchio aspetto, amplificato dai giornali, dalle televisioni e da Internet spesso disposti a credere chiunque sia in cerca di qualche visibilità con idee anche strampalate.

Una persona potrebbe essere indotta a credere che la verità vada cercata nella “scienza”, ma purtroppo spesso sono “scienziati” apparentemente “attendibili”, quelli che dicono una cosa e quelli che dicono il suo contrario. Stiamo vivendo in un’epoca in cui, come diceva Mao, al buio tutti i gatti sono grigi. Ci deve essere allora qualche guida che aiuta a districarsi nella selva di semi-verità e di semi-menzogne. Purtroppo la risposta non va cercata nei computers, nelle riviste o nei trattati, ma nella propria testa, nello sforzo di conoscenza e di approfondimento diretto dei fatti, nella verifica delle notizie alla luce dei valori che ciascuno porta nel proprio cuore. E’ un valore la possibilità di muoversi e di illuminare le case e di avere un lavoro ed è un valore il diritto alla salute e ad avere cibo sufficiente e acqua pulita: la tale proposta o invenzione in quale maniera rende massima la godibilità di ciascuno di questi diritti ? Chi guadagna proponendo una certa invenzione o innovazione e chi ci rimette, natura e ambiente compresi ? e io da che parte sto fra chi ci guadagna e chi ci rimette ?

martedì 29 settembre 2009

Sul revisonismo ecologico SM 2636

AltroNovecento, Anno 6, n. 10 agosto 2005 (www.fondazionemicheletti.it)
http://www.fondazionemicheletti.it/dblog/articolo.asp?articolo=838


Revisionismo ecologico


Giorgio Nebbia


Il mondo è sempre andato avanti perché alcune persone hanno chiesto cambiamenti o riforme sulla base di diritti e valori differenti da quelli delle società e comunità in cui vivevano. Tali cambiamenti disturbavano o alteravano gli interessi dei portatori dei diritti e valori allora correnti e le persone disturbate dai cambiamenti hanno cercato di opporsi; il più comune meccanismo consiste nel negare che i nuovi diritti e valori avessero senso o utilità generale.

Si potrebbe scrivere una intera storia dell’umanità sulla base di questi conflitti di diritti e valori e sulle varie forme del negazionismo.

Solo per fare alcuni esempi: quando alcune persone, nei primi decenni dell’Ottocento, hanno sostenuto che era diritto dei ragazzi e delle donne di lavorare soltanto un numero limitato di ore al giorno per non averne danno alla salute dei loro organismi, più deboli di quelli dei maschi adulti, hanno disturbato gli interessi dei padroni delle manifatture che ricavano maggiori profitti --- il che consideravano un loro diritto e valore --- sfruttando una mano d’opera che costava di meno.

I padroni delle manifatture organizzarono una campagna di stampa e di opinione pubblica negando che il lavoro nelle fabbriche o nelle miniere arrecasse danno alla salute delle ragazze e dei ragazzi, utilizzando anche la voce di autorevoli e riconosciuti scienziati, il cui prototipo è quel dottor Andrew Ure, autore del celebre libro “La filosofia delle manifatture”.

D’altra parte i negazionisti sostennero che l’aumento dei costi di produzione, provocato da leggi che avessero limitato l’orario di lavoro di alcune categorie di lavoratori sarebbe stato dannoso non solo al loro diritto al profitto, ma avrebbe anche danneggiato valori e diritti della collettività perché avrebbe tarpato le ali alla conquista britannica dei mercati --- o, per usare termini più moderni, che troveremo fra poco, impediva la competitività delle merci inglesi --- con conseguente perdita di posti di lavoro, eccetera. I termini del dibattito si trovano nel “Capitale” di Marx e sono stati oggetto di numerosi studi nel corso del Novecento. Come risultato di questo conflitto furono approvate, dapprima in Inghilterra, poi lentamente in altri paesi, e anche in Italia, delle leggi che limitavano l’orario di lavoro dei ragazzi e delle donne.

Con simili argomenti si è svolto il dibattito sulla abolizione della schiavitù, specialmente negli stati del Sud degli Stati uniti. Alcune persone sostenevano che la schiavitù era inumana e ingiusta e che la libertà della persona era un diritto; “La capanna dello zio Tom” di Harriett Beecher Stowe rese popolare nel mondo questa tesi

I negazionisti esponevano vari motivi per sostenere il loro diritto di possedere schiavi: il loro possesso consentiva un basso costo del lavoro e la produzione a basso prezzo di molte merci,, cosa di cui godevano l’intero paese e gli stessi abolizionisti; mettevano poi in evidenza che gli schiavi erano trattati bene, quasi come persone di famiglia, di tanto in tanto potevano anche essere liberati, che gli afroamericani erano diversi dagli americani bianchi, tesi sostenute anche da alcune “chiese” di americani bianchi, eccetera. Ci sono voluti decenni per l’abolizione della schiavitù, poi per il riconoscimento di uguali diritti (ancora in parte non accettati) fra bianchi e neri.

Simili argomenti sono stati usati per negare i diritti e i valori di altri “diversi”, come gli ebrei o gli zingari, ma anche i diritti e i valori di alcune comunità bianche, diverse per religione o credo politico; ogni volta i negazionisti si sono sforzati di mettere in evidenza, anche con scritti di filosofi e sapienti, che il riconoscimento dei diritti e valori richiesti era nocivo all’equilibrio sociale, alla conoscenza, all’economia della comunità dei negazionisti, eccetera.

I più esplorati fenomeni di negazionismo si sono avuti in occasione della persecuzione, nella Germania nazista e nei paesi fascisti, ma non solo, degli ebrei, basata sulle tesi che gli ebrei erano “diversi”, erano usurai, erano responsabili della crocefissione di Cristo, e dovevano essere privati del diritto alla uguaglianza e alla libertà di esprimere i loro valori umani e civili, addirittura della vita. Da qui le note campagne di persercuzione e sterminio, che vengono ancora oggi negate o giustificate o minimizzate dai portatori degli stessi anti-valori tipici di nazismi e dei fascismi.

Un aspetto interessante riguarda il coinvolgimento dei perseguitati al fianco dei persecutori; dei neri che si sono adattati ad accettare la discriminazione dei bianchi per catturare una qualche benevolenza dei, o accettazione da parte dei, bianchi; dei lavoratori sfruttati al fianco dei padroni per non perdere il proprio posto di lavoro (il “raffinato” ricatto occupazionale: o diritti o lavoro).

Gli stessi scontri fra diritti e valori si trovano nei conflitti ecologici. La contestazione ecologica nasce dal fatto che alcune persone riconoscono dei valori e dei diritti in alcune caratteristiche del mondo naturale.

Prendiamo il caso delle lotte contro l’inquinamento dell’aria. Alcune persone hanno riconosciuto e detto che esisteva il diritto a respirare aria pulita e che l’inquinamento dell’aria, danneggiando la salute, violava tale diritto. A poco a poco tali persone si sono guardate intorno e hanno identificato alcune fonti di inquinamento dell’aria e hanno chiesto leggi che lo vietassero. Gli inquinatori si sono naturalmente opposti, rivendicando il solito diritto: se si desse retta alle richieste di questi portatori di nuovi diritti alla salute, le imprese dovrebbero depurare i fumi dei loro camini e aumenterebbero i costi di produzione delle loro merci. Possono i legislatori tarpare le ali alle industrie, far diminuire la competitività del paese ? D’altra parte possono i legislatori accettare che aumenti il numero di ammalati e di morti ?

A questo punto entrano in azione i negazionisti, spesso esperti “scienziati”, che sostengono che un inquinamento esiste, ma così minimo da non nuocere alla salute, al contrario di coloro che sostengono che anche inquinamenti così minimi sono nocivi alla salute. Ma poi quanto nocivi ? se non si mettono i filtri quante persone in più muoiono all’anno ? e se si mettono i depuratori quanto devono spendere di più le imprese e di quanto aumenta il prezzo delle scarpe o delle automobili e di quanto sono danneggiati i cittadini, inquinati compresi, e l’economia nazionale?

Tutta la storia del movimento per la difesa dell’ambiente --- che fra l’altro viene ospitata in questa rivista --- è piena di questi conflitti.

La contestazione delle centrali nucleari è basata sul fatto che le operazioni di preparazione del combustibile nucleare, il funzionamento delle centrali e il trattamento dei residui radioattivi sono dannosi per la presente e per le future generazioni umane e non sono accettabili anche se l’elettricità nucleare costasse di meno (il che non è vero) di quella ottenuta da altre fonti:

I negazionisti sostengono che l’intero ciclo del combustibile nucleare può essere tenuto sotto controllo per evitare contaminazioni radioattive (il che non è vero, come dimostra l’insuccesso nella sistemazione delle scorie radioattive) e che anzi l’energia nucleare è ecologicamente virtuosa perché produce elettricità senza generare gas responsabili dell’effetto serra.

E’ preferibile far correre, alle generazioni future, il rischio di catastrofi climatiche (dovute al crescente uso di combustibili fossili per colpa dei gas che emettono) o quello di contaminazioni radioattive (dovute alle code delle attività nucleari) ? E, davanti al prevedibile esaurimento di fonti energetiche fossili, la preoccupazione per le generazioni future giustifica il privare di elettricità i poveri della generazione presente ?

Si potrebbero usare fonti energetiche rinnovabili, come quella del Sole, del vento, del moto delle acque, ma i negazionisti negano i vantaggi di ciascuna di queste sulla base dei loro caratteri fisici (la necessità di grandi superfici terrestri per la loro captazione), o dei
danni ambientali dei laghi artificiali necessari per le centrali idroelettriche; nel caso poi degli aerogeneratori, un negazionismo che viene dall’interno dello stesso movimento ambientalista, denuncia che i motori eolici deturpano il paesaggio e uccidono gli uccelli del cielo; ma un’altra parte del movimento ambientalista obietta che si possono usare motori a vento di piccole dimensioni, e avanti di negazionismo in negazionismo, per la maggior gloria del petrolio, del carbone e del nucleare.

A chi contesta, nel nome del diritto degli animali, la caccia il negazionismo obietta che i cacciatori (spesso contadini o operai) hanno diritto al sano sport all’aria aperta, che i divieti della caccia danneggiano i fabbricanti di armi e cartucce e i loro lavoratori, che di uccelli ce ne sono tanti nel cielo e che una legge restrittiva sulla caccia in Italia spinge i cacciatori in altri paresi dove non ci sono tante ubbie ecologiste e si può uccidere quello che si vuole.

A chi contesta gli inceneritori dei rifiuti, considerati responsabili di inquinamento dell’aria e del suolo, i negazionisti fanno notare le concrete difficoltà e parzialità della raccolta differenziata, i danni ecologici delle discariche nel suolo, i vantaggi della produzione di elettricità e di calore che si possono recuperare dalla combustione e “valorizzazione energetica” dei rifiuti.

Un intero libro si potrebbe scrivere sulla contestazione dell’inquinamento atmosferico provocato dai carburanti per autoveicoli e sul negazionismo dei danni dovuti ai vari carburanti che si sono succeduti in un secolo: benzina, alcol etilico, benzina ad alto numero di ottano addittivata con il velenoso piombo tetraetile, benzina addittivata con MTBE, benzina contenente benzolo, oppure composti aromatici. Carburanti responsabili, in una rincorsa fra motori più compressi e carburanti meno “detonanti”, dell’emissione nell’atmosfera e nei polmoni umani, di ossidi di azoto e di zolfo, di composti del piombo, di sostanze cancerogene, di polveri, con un vivace negazionismo, da parte dei fabbricanti, dei danni di ciascun carburante per evitare di doverlo cambiare: nessuno potrà mai sapere quanto i “perfezionamenti” dell’industria automobilistica e petrolifera, sono costati in vite umane, in salute, in malattie.

Gli esempi potrebbero continuare, dal dibattito sui pesticidi, sui detersivi, sugli additivi alimentari, sui solventi responsabili del buco dell’ozono stratosferico, sull’erosione del suolo dovuto alla speculazione edilizia, sulle sostanze tossiche usate nei cicli produttivi che avvelenano il primo importante “ambiente”, quello del corpo umano dei lavoratori dentro la fabbrica o nei campi. E ogni volta si trovano contrapposti gli stessi soggetti; i portatori della domanda di condizioni più sane e sicure e di nuovi diritti e valori; i negazionisti che negano, appunto, tali valori e sostengono che il mondo va benissimo così com’è; gli scienziati che sostengono i valori della contestazione; gli scienziati che sostengono le ragioni dei negazionisti; i legislatori che devono dare un peso e ascolto e legiferare a sostegno dei contestatori o dei negazionisti, sulla base di considerazioni squisitamente politiche. Infine c’è la collettività che vorrebbe il cielo pulito e le scarpe e le automobili a basso prezzo.

Esiste un criterio “oggettivo”, “scientifico”, per riconoscere se una fonte di inquinamento o di nocività ambientale è davvero nociva, al punto da giustificare un freno all’economia e un aumento dei costi delle merci e dei servizi ?

A mio parere non esiste perché i valori e i diritti non possono essere misurati in chili e in euro; poiché peraltro qualche indicatore si deve trovare, sono stati inventati numerosi processi per assegnare un numero alla qualità o virtù ecologica di una merce o di un servizio sulla base dei danni alla vita o alla salute delle persone. O alla perdita di bellezza.

Ma quanti morti all’anno sono provocati da ogni chilo di anidride solforosa o da ogni grammo di diossina che esce dal camino di un forno o di un inceneritore o dal tubo di scappamento di una automobile ? quante ore di lavoro e di vita sono perdute ogni anno per le malattie provocate dagli agenti inquinanti dell’aria o delle acque ? La scienza epidemiologica dovrebbe dare una risposta a tali domande sulla base di considerazioni statistiche, anche se è difficile accertare se una persona è morta effettivamente per quei grammi di sostanze cancerogene respirati magari anni prima.

Ma anche nell’ambito dei portatori di nuovi diritti e valori --- nell’ambito della contestazione ecologica --- ci sono molte sfumature i cui conflitti giovano sostanzialmente a chi non vuole cambiare niente e alcune assumono gli stessi criteri del negazionismo.

Alcuni gruppi sostengono che bisogna andare avanti attenuando le novità ambientali con soluzioni tecniche, le meno ecologicamente offensive possibili. Il verbo di questa corrente di pensiero è rappresentata dalla parola magica “sostenibile”.

E qui gli inquinatori sono contenti perché comunque possono fabbricare automobili ipoteticamente meno inquinanti e plastica ipoteticamente degradabile e sono contenti gli abitanti dei paesi dentro i parchi naturali perché possono avere visitatori e qualche posto di lavoro, magari con costruzioni ben progettate, magari con la possibilità di praticare un po’ di caccia al margine delle zone protette.

Altri sostengono che l’aria pulita e le bellezze del paesaggio sono valori in se, indipendentemente dagli affari dei fabbricanti di automobili o dal numero di morti o dai pericoli di frane in seguito al diboscamento

E qui i negazionisti hanno buon gioco: voi fautori della decrescita economica siete disposti a rinunciare ai computer e alla posta elettronica --- che fanno crescere i consumi di elettricità e i relativi inquinamenti --- per diffondere il vostro pensiero: siete disposti a diffondere il pensiero della vita conviviale a chi abita nelle periferie di Napoli o di New York o di Calcutta ?

Perché il vero problema non è tanto sulle maggiori o minori virtù ecologiche della carta riciclata, degli inceneritori o dei motori eolici, quanto nel fatto che tutto il dibattito finora esposto riguarda non sessanta milioni di italiani, o seicento milioni di europei e americani industrializzati, ma riguarda tremila milioni di indiani, cinesi e asiatici di sud-est e ottocento milioni di africani che si stanno appena affacciando o sono ancora lontanissimi dai consumi occidentali e non desiderano altro che possedere quelle merci che gli vengono proposte dalle pubblicità televisive che ormai raggiungono anche i remoti villaggi africani e asiatici.

Lo si è visto quando centinaia di milioni di persone sono uscite dalle austere --- anche se ecologicamente non virtuose --- società comuniste e si sono scatenate nella società dei consumi.

E’ il trionfo del negazionismo ecologico: voi state a giocherellare se le pale degli aerogeneratori uccidono gli uccelli e noi --- potere economico, industriale e finanziario --- costruiamo centrali nucleari, ricicliamo schede di computer inquinando il suolo, i fiumi e il mare, cioè quegli ambienti naturali da cui vengono le fragole o i pesci o gli oggetti che trovate nei negozi e nei mercati.

All’alba dell’ecologia, nel 1970, si scriveva e leggeva che la Terra è una sola grande unità planetaria, governata dalle ineluttabili leggi dell’ecologia e dei suoi cicli naturali, che rappresenta la nave spaziale dell’intera umanità, che andavano sottoposte a revisione le scelte economiche e politiche, alla luce dei vincoli che l’ecologia pone. A 35 anni di distanza sembra trionfare l’impero della violenza ecologica. Le leggi nazionali ed europee sono scritte per nuocere il meno possibile al mondo degli affari, con una leggera patina di apparente rispetto per i diritti alla salute.

Il dibattito sul pianeta, sul clima, sulla demografia (aumento della popolazione in alcuni paesi e invecchiamento in altri), sulla qualità delle merci, sugli equilibri ecologici, è assente nella politica tutta schiacciata su parole magiche --- competitività, andamento del prodotto interno lordo, innovazione --- e manca qualsiasi indicazione su come queste categorie filosofiche si traducono nelle cose che hanno effetti ambientali: i cereali, il ferro, la benzina, la plastica, il legno, i divani, le scarpe, gli strumenti della microelettronica, eccetera.

E’ disperata la situazione ? Il negazionismo vince sempre ? No, il mondo va avanti proprio con persone, spesso originariamente poche, che propongono nuovi diritti e valori che diventano poi valori condivisi (quasi) universalmente; la storia mostra che le tesi dei negazionisti e dei loro lacché anche scientifici alla fine sono sconfitte, ma nella battaglia per nuovi diritti bisogna tenere conto del negazionismo e non è male conoscere i volti in cui si è presentato nel cammino dell’umanità e si presenterà in futuro.

Da questo punto di vista la storia della contestazione e del negazionismo ecologici offre interessante materiale di studio.

mercoledì 16 settembre 2009

Per un mondo senza bombe nucleari

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 8 settembre 2009

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

L’ambiente sarebbe certo migliore se venisse eliminata la spada di Damocle delle bombe nucleari, sospesa da tanti anni sulla testa dell’umanità come immane possibile tragedia ecologica. Quest’anno in agosto la ricorrenza dei bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki è passata quasi sotto silenzio, ma le bombe atomiche, figlie di quelle due che nel 1945 distrussero 200.000 vite umane nelle due città giapponesi, non sono affatto scomparse, anzi sono lì, negli arsenali noti e in quelli segreti, e le fabbriche lavorano freneticamente per tenerle sempre pronte all’uso e per inventarne di nuove: 10.000 bombe nucleari negli Stati Uniti, circa 15.000 nella Russia e un numero imprecisato negli altri stati nucleari: Cina, Francia, Regno Unito, Israele, Pakistan, India, alcune pronte a partire entro pochi minuti, bombe sparse dovunque, alcune diecine di bombe americane collocate anche in Italia.

Negli anni scorsi è sembrato che potesse partire una campagna mondiale per il disarmo nucleare: un mondo senza bombe nucleari fu invocato nel gennaio 2007 da Kissinger e altri statisti americani; nel giugno 2008 da statisti inglesi; nel luglio 2008 dagli italiani D’Alema, Fini, La Malfa, Parisi e Calogero; nell’ottobre 2008 dal Segretario generale delle Nazioni Unite; nel corso della campagna elettorale e dopo il suo insediamento nel gennaio 2009, dal presidente degli Stati Uniti; nei giorni scorsi dal Consiglio Mondiale delle Chiese a Ginevra; in varie occasioni dal Papa. Invece i progressi verso un mondo senza bombe atomiche sono lentissimi. Le bombe nucleari sono di due tipi principali, basate su diversi materiali e processi produttivi.

Le bombe a fissione sono basate sulla liberazione di grandissime quantità di calore in seguito alla rapidissima “frantumazione” (“fissione”, appunto) dei nuclei di plutonio; il principio è lo stesso della liberazione di calore nelle centrali nucleari nelle quali, invece la “fissione” dei nuclei di uranio e plutonio è lenta e controllata in modo da utilizzare il calore liberato per azionare le turbine che producono elettricità. Il plutonio per le bombe atomiche è recuperato come sottoprodotto del funzionamento delle centrali nucleari o è “fabbricato” con speciali reattori partendo da uranio “arricchito” nell’isotopo 235 mediante processi di centrifugazione lenti e costosi.

L’altro tipo di bombe è quello a fusione nelle quali la liberazione di calore è ottenuta mediante riscaldamento ad altissima temperatura e pressione di una miscela di deuterio e trizio, le due forme dell’idrogeno più “ricche” di neutroni, rispettivamente due e tre, rispetto ad un solo neutrone presente nell’idrogeno ordinario. Il deuterio e il trizio si preparano con costosi e complicati processi chimici e nucleari industriali e l’innesco della reazione di fusione, termonucleare, è provocato dalla fissione del plutonio. Le bombe termonucleari possono essere fabbricate con potenze distruttive grandissime, di alcuni “megaton” (la potenza distruttiva di alcuni milioni di tonnellate del potente esplosivo tritolo) fino a dimensioni con potenza distruttiva di “appena” alcune diecine di chiloton (un chiloton è la potenza distruttiva equivalente a quella di mille tonnellate di tritolo). Le bombe di Hiroshima e Nagasaki avevano ciascuna una potenza di circa 15 chiloton.

Si può stimare che le bombe nucleari dei vari “modelli” abbiano complessivamente una potenza distruttiva uguale a quella di circa un miliardo di tonnellate di tritolo, duecento chili di tritolo per ogni abitante della Terra, donne, uomini, bambini. Gli otto paesi nucleari “ufficiali”giustificano le loro bombe atomiche con il principio della deterrenza: se un paese volesse aggredirli saprebbe di essere destinato all’immediata vendetta e distruzione, e sostengono che la deterrenza ha finora impedito una guerra nucleare. Ma molti paesi del mondo si chiedono: “perché in otto possono avere le bombe nucleari e noi no ?”. Iran e Corea del Sud, per esempio, sono accusate di volersi dotare anche loro, proprio per questo motivo, di armi nucleari.

Sono stati fatti vari tentativi di accordo sul disarmo nucleare; nel 1991, dopo la fine dell’Unione Sovietica, la Russia e gli Stati Uniti firmarono l’accordo START I che li impegnava alla graduale diminuzione delle testate nucleari “strategiche”, definite come quelle montate su missili intercontinentali, capaci di scavalcare gli oceani, e su missili trasportati da sottomarini; una qualche diminuzione c’è stata. Oggi ci sono “soltanto” meno di 3000 bombe nucleari “strategiche” negli Stati Uniti e circa 4000 in Russia. L’accordo START I scade fra poche settimane, il 5 dicembre 2009, nel silenzio e disinteresse generale; nessuno sa quale seguito avrà. Le apparenti buone intenzioni di disarmo nucleare sono vanificate dai potenti interessi del complesso militare industriale che assicura diecine di migliaia di posti di lavoro e enormi guadagni.

Così, nel nome del profitto, vengono dissipate grandissime quantità di denaro che potrebbe, se impiegato altrimenti, liberare il mondo dalla fame e dalla sete e dalla violenza terroristica. Inoltre i soldi risparmiati con l’eliminazione delle armi nucleari potrebbero essere utilmente impiegati per l’eliminazione della coda avvelenata della corsa alle bombe nucleari; l’enorme massa di materiali radioattivi che, quando le bombe nucleari fossero definitivamente eliminate, dovrebbero essere resi inerti e sepolti con tecniche ancora più complicate di quelle, già complicate, richieste dall’eliminazione delle scorie radioattive delle centrali nucleari commerciali; ci sarebbe, ci sarà, lavoro per milioni di persone, scienziati, tecnici, operai, per eliminare la mortale eredità che la follia di tanti decenni ha predisposto per le generazioni future.

mercoledì 2 settembre 2009

Il mare intorno a noi

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 1 settembre 2009

Il mare intorno a noi

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

I turisti hanno fatto o stanno finendo di fare le valigie per tornare a casa, lasciando spesso sporco e violentato il mare in cui hanno sguazzato per alcuni giorni. Se vogliamo che l’anno venturo la situazione sia migliore, bisogna che i responsabili, e noi tutti, si prendano provvedimenti politici, economici, tecnici e culturali, per i quali restano pochissimi mesi; altrimenti ci troveremo anche l’estate ventura a piagnucolare per le alghe puzzolenti, la plastica galleggiante, gli escrementi e i mozziconi di sigarette sparsi vicino alle spiagge, la puzza di benzina che accompagna i gommoni, i motoscafi e le moto d’acqua che sfrecciano lungo le coste.

Giustamente, nel 2006, col II governo Prodi, il Ministero dell’ambiente ha voluto aggiungere, fra le sue finalità, oltre alla difesa del territorio anche quella “del mare”, riconoscendo che il mare non è solo la base delle attività della “Marina mercantile”, non è solo l’autostrada per le navi da trasporto di merci e passeggeri, non è solo la sede di porti e della nautica o pesca commerciale, attrazione del turismo e quindi di lavoro e di ricchezza, ma è il grande, anzi il più grande territorio dell’ambiente, sede e fonte di vita.

Nei dieci mesi che ci separano dalla prossima stagione turistica credo che i governanti potrebbero utilmente leggere (spero “rileggere”) il bel libro: “Il mare intorno a noi” scritto nel 1951 dalla famosa biologa americana Rachel Carson (1907-1964, l’autrice del più noto libro: “Primavera silenziosa”). Il libro fu tradotto in italiano dall’editore Casini e poi da Einaudi, e sarebbe utile che fosse letto nelle scuole, a cominciare da quelle elementari e medie, quando i ragazzi sono ancora disposti a meravigliarsi. Opportunamente la televisione di Stato trasmette documentari con belle immagini di vita marina, ma bisognerebbe che gli spettatori si rendessero conto che non si tratta soltanto di roba da mari tropicali; la vita e la bellezza del mare riguardano qualcosa che è “intorno a noi”, nascosto anche nelle pozze di acqua salina che si formano sulle spiagge e nelle rocce costiere, nello sciacquio del mare avanti e indietro.

Questa vita marina, che dovrebbe essere difesa gelosamente perché da essa dipende, direttamente e indirettamente, anche la nostra vita e salute, viene offesa continuamente e, quando è uccisa, si lascia dietro organismi putrefatti e puzzolenti. Nei giorni scorsi i giornali hanno riferito che i Carabinieri hanno sorpreso gli operai di una azienda di autospurgo --- sapete, quei camion che svuotano i pozzi neri delle case e degli alberghi e portano via i liquami che dovrebbero essere svuotati in adatti depuratori --- stavano scaricando la loro cisterna nel mare di Capri; la storia ha fatto scandalo perché si trattava di Capri, ma quante altre migliaia di camion pieni di liquami vengono scaricati, zitti zitti, nel mare lungo le coste e nessuno li vede e nessuno ne parla, come se il mare di Capri fosse qualcosa di speciale, così turisticamente e commercialmente pregiato, e tutto il resto del mare che lambisce gli ottomila chilometri di coste italiane fosse una tollerabile discarica delle (scusate il termine) merde nazionali.

Ogni anno, d’estate e d’inverno, nei mari italiani finiscono circa cinquecento miliardi di litri di acque di fogna non trattate contenenti non solo gli escrementi umani, ma tutto ciò che fuoriesce dai gabinetti, lavandini, lavatrici, fabbrichette, allevamenti zootecnici, ristoranti, canalette di scolo agricole, acque ricche di detersivi, pesticidi, concimi, medicinali non usati, e tanti altri veleni per la vita marina. E non si tratta semplicemente della morte di alcuni degli esseri viventi del mare, non si tratta dei turisti che, indignati, lasciano le spiagge alla ricerca di mari più puliti, dei pescatori che vedono diminuire il pescato e il loro reddito, ma si tratta di alterazioni dei delicati equilibri del mare che cominciano con le alghe fotosintetiche, gli alimenti per lo zooplancton, a sua volta nutrimento per tutti gli altri esseri viventi marini alcuni dei quali arrivano sulle nostre tavole.

Dieci mesi prima dell’estate 2010 sono pochi per mettere ordine nei depuratori delle acque usate sparsi per l’Italia e non funzionanti e per costruirne altri funzionanti, ma credo che si tratti delle prime e più urgenti infrastrutture a cui mettere mano: strade e ferrovie ad alta velocità serviranno a poco se i turisti vanno a fare il bagno altrove. E’ probabilmente lodevole, ai fini dell’economia cantieristica, incoraggiare la vendita di barche, da quelle piccole a quelle grandi e grandissime che parcheggiano nei porti turistici, talvolta sfacciate esibizioni di opulenza guadagnata con soldi nascosti alle tasse italiane, talvolta cialtronesche manifestazioni di rumore e puzza come quelle degli scooter d’acqua; però non si può tollerare che nautica significhi sporcizia e inquinamento per chi deve accontentarsi di bagnarsi nel mare. Ci sono leggi di polizia marittima che stabiliscono che non si deve circolare a motori accesi ad una certa distanza dalle coste, sia per la sicurezza delle persone, sia per spostare il più lontano possibile fumi e scarichi di benzina, ma tali leggi sono continuamente violate, anzi le violazioni sono viste quasi con benevolenza, giovanili manifestazioni sportive. E ancora: il mare è compromesso dalle costruzioni che arrivano e portano in loro rifiuti proprio in riva al mare, anche nelle zone che la legge, e le minime norme di difesa del mare, vorrebbero sgombre da cemento e asfalto.

Ma alla radice di tutte le violenze al mare sta un distorto senso della proprietà: se uno venisse a versare il vaso da notte nel salotto della casa di ciascuno di noi ci indigneremmo e lo denunceremmo; se lo fa nel mare nella maggior parte dei casi nessuno dice niente. La salvezza della salute individuale sarà possibile soltanto quando ci renderemo conto che il mare è “proprietà” di ciascuno di noi, è un pezzo della nostra casa e del nostro salotto e come tale va rispettato e trattato.