martedì 29 novembre 2011

Sulla tecnocrazia

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 29 novembre 2011

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Tecnocrazia è parolaccia ? La nascita di un governo di tecnici in Italia ha fatto risorgere una antica parola, tecnocrazia, per lo più con significato negativo, secondo l’idea che soltanto i parlamentari eletti dal popolo sono in grado di operare e fare leggi perché solo loro conoscono quanto è utile ai loro elettori. In genere oggi i governi “tecnici” sono costituiti da persone non elette dal popolo, per lo più economisti, esperti di finanza, giuristi, sociologi, eccetera, riconosciuti per la loro competenza professionale e indipendenza amministrativa, capaci di prendere decisioni rigorose anche se sgradevoli proprio per il fatto di non dover rispondere agli elettori o a gruppi di elettori o a gruppi di interessi che possono influire sulla loro rielezione.

In realtà la parola tecnocrazia ha una lunga interessante storia che si intreccia anche con i movimenti ambientalisti e che immagina un governo di ingegneri, fisici e chimici, gente abituata a fare i conti con grandezze fisiche, chili di materia e chilowattore di energia, piuttosto che con i soldi. Sulla base di queste grandezze fisiche, ben definibili e misurabili, avrebbe dovuto essere misurato e giudicato il ”valore” e l’utilità delle merci e della produzione di beni e servizi. Già nel 1905 lo scrittore H.G. Wells (1877-1956) aveva suggerito la misura del valore dei beni sulla base non dei soldi, ma della quantità di lavoro e di energia che è richiesta per ottenerli.

lunedì 28 novembre 2011

Sul livello dei mari

La Gazzetta del Mezzogiorno, venerdì 25 novembre 2011

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

I telegiornali ci stanno purtroppo abituando a vedere strade allagate nelle quali galleggiano le automobili, scene che riguardano le nostre regioni, come gli Stati Uniti o la Thailandia, terre che non riescono a contenere i fiumi ingrossati dalle piogge intense che non riescono ad arrivare al mare, il loro destino finale. Talvolta l’arrivo al mare è impedito dal mare stesso, spinto verso terra dai venti. Quando ero giovane davanti alle “calamità naturali”che già allora erano frequenti, si diceva che era “colpa delle bombe atomiche” che, in quegli anni lontani, venivano fatte esplodere nell’atmosfera al ritmo di circa cento all’anno.

Poi le esplosioni delle bombe nell’atmosfera sono cessate e le alluvioni sono continuate anzi aumentate. Nell’ultimo decennio c’è un vivace dibattito fra gli studiosi a proposito dei mutamenti climatici provocati dalle attività umane, con un forte partito di negazionisti i quali sostengono che non sono le attività umane o i gas serra a provocare l’aumento del livello del mare che provoca l’allagamento delle terre emerse. I governanti delle piccole isole oceaniche, costituite da atolli che sporgono pochi metri sul livello del mare, sono ben preoccupati di veder sfumare il turismo attratto proprio dalle loro belle spiagge assolate. Che si stia davvero innalzando in maniera irreversibile il livello dei mari e degli oceani ?

lunedì 7 novembre 2011

Sessant'anni di alluvioni

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 8 novembre 2011

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Cadono, in questo autunno 2011, sessanta anni dall’alluvione del Polesine, 45 anni dall’alluvione di Firenze, Venezia, Trento. Ne sono passate di alluvioni da allora, fino a quelle di ieri l’altro in Lunigiana e nelle Cinque Terre, di ieri a Genova, di oggi ad Alessandria e nella Valle Padana. Ad ogni alluvione hanno fatto seguito due fenomeni contrastanti: il primo è un movimento di solidarietà spontanea; un paese, sotto tanti aspetti egoista, davanti alle sventure altrui e della collettività, è capace di regalare, gratis, ore di lavoro e fatica per aiutare a sgombrare dal fango e pulire le case e le botteghe e i campi, anche per salvare libri e archivi, accanto a chi ha perso beni materiali, talvolta la vita dei familiari. In questi momenti, senza che nessuno lo chieda o lo imponga, emerge la parte migliore del popolo italiano.