lunedì 28 novembre 2011

Sul livello dei mari

La Gazzetta del Mezzogiorno, venerdì 25 novembre 2011

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

I telegiornali ci stanno purtroppo abituando a vedere strade allagate nelle quali galleggiano le automobili, scene che riguardano le nostre regioni, come gli Stati Uniti o la Thailandia, terre che non riescono a contenere i fiumi ingrossati dalle piogge intense che non riescono ad arrivare al mare, il loro destino finale. Talvolta l’arrivo al mare è impedito dal mare stesso, spinto verso terra dai venti. Quando ero giovane davanti alle “calamità naturali”che già allora erano frequenti, si diceva che era “colpa delle bombe atomiche” che, in quegli anni lontani, venivano fatte esplodere nell’atmosfera al ritmo di circa cento all’anno.

Poi le esplosioni delle bombe nell’atmosfera sono cessate e le alluvioni sono continuate anzi aumentate. Nell’ultimo decennio c’è un vivace dibattito fra gli studiosi a proposito dei mutamenti climatici provocati dalle attività umane, con un forte partito di negazionisti i quali sostengono che non sono le attività umane o i gas serra a provocare l’aumento del livello del mare che provoca l’allagamento delle terre emerse. I governanti delle piccole isole oceaniche, costituite da atolli che sporgono pochi metri sul livello del mare, sono ben preoccupati di veder sfumare il turismo attratto proprio dalle loro belle spiagge assolate. Che si stia davvero innalzando in maniera irreversibile il livello dei mari e degli oceani ?

In questi ultimi giorni sono apparse varie notizie che prospettano la possibilità che, in seguito all’innalzamento del livello dei mari, entro alcuni decenni alcune città costiere possano essere invase dall’acqua di mare.Alcuni ricercatori americani hanno messo in guardia il sindaco di New York sul pericolo che entro dieci anni alcune strade e i tunnel della città possano essere invasi dal mare. Studiosi cinesi hanno previsto che nei prossimi venti anni il livello del Mar della Cina possa innalzarsi fino a 13 centimetri. C’è il pericolo che un innalzamento del livello dell’Adriatico possa farci vedere galleggiare le automobili nel corso Vittorio Emanuele di Bari, che i cittadini di Brindisi vedano arrivare l’acqua di mare ai piedi della “colonna traiana” ?

A proposito dell’innalzamento dei mari si confrontano con grande acidità reciproca due maniere di vedere. Una di queste, che potremmo schematizzare come quella degli “ambientalisti”, sostiene che siamo di fronte ad un lento aumento della temperatura media della Terra, dovuto alla immissione nell’atmosfera di anidride carbonica e di “gas serra” che alterano lo scambio di energia solare in entrate in uscita dalla Terra. Il riscaldamento planetario metterebbe in moto varie azioni; intanto fa cambiare la temperatura superficiale degli oceani, variabilissima nelle varie parti della superficie terrestre. La massa di acqua dei mari è in continuo movimento proprio in seguito alla diversa temperatura delle zone centrali o polari.

Le correnti di acqua marina calda che si avvicinano alle zone polari possono contribuire a far fondere una parte delle masse di acqua solida immobilizzata nei ghiacciai permanenti. Rispetto ai 1400 milioni di miliardi di metri cubi di acqua liquida dei mari e oceani, nei ghiacci sono “immobilizzati” circa 30 milioni di miliardi di metri cubi di acqua allo stato solido. Se, per assurdo, questi ghiacci passassero dallo stato solido allo stato liquido, la nuova massa di acqua liquida, distribuita sui 350 milioni di chilometri quadrati degli attuali mari, ne farebbero aumentare il livello di un centinaio di metri. Basterebbe però che una frazione dei ghiacci fondesse per avere innalzamenti di livello di qualche metro. La cosa sarebbe resa ancora più complicata dal fatto che l’acqua che si forma dalla fusione dei ghiacci è acqua dolce, priva di sali, la cui miscelazione con l’acqua salina degli oceani potrebbe provocare altre alterazioni della circolazione oceanica.

Centinaia di persone, nei laboratori di tutto il mondo, tentano di simulare questi effetti su cui si sa abbastanza poco. Che si tratti di innalzamento di mezzo metro o di un metro ogni cento anni, ci sarebbero serie prospettive di allagamento delle zone costiere del pianeta che sono quelle su cui sorgono moltissime città, alcune grandi popolose metropoli, fiorenti e redditizie attività turistiche. Un secondo gruppo di scienziati, che potremmo chiamare ”negazionisti”, sostengono al contrario con grande vigore che le attività umane, soprattutto la combustione di petrolio, carbone, gas che sono gli alimenti essenziali della nostra società consumistica, non hanno alcun effetto sulla temperatura media del pianeta e quindi sull’innalzamento del livello degli oceani.

Siccome, bene o male, questo innalzamento si osserva e dei mutamenti climatici appaiono pure sempre più spesso, i negazionisti invitano a cercare nella storia geologica della Terra le radici dei cambiamenti in atto. La durata della nostra vita, della nostra stessa civiltà, anni o secoli, è un battito di ciglia rispetto si miliardi di anni della durata presente e futura della nostra Terra, la cui storia geologica è esposta a innumerevoli effetti esterni ed interni, ai cicli del Sole e alla risalita del grandissimo calore interno del pianeta con conseguenti mutamenti dello stato fisico dell’acqua presente negli oceani, allo stato liquido, nei ghiacciai allo stato solido. I geologi sanno “leggere” nelle rocce terresti come è cambiata l’estensione e il movimento delle acque superficiali e oceaniche e dei ghiacciai nel corso dei quattromila milioni di anni di storia del pianeta.

Anche solo per restare al centinaio di migliaia di anni “vicini” a noi, si sono vetrificate glaciazioni, con formazioni di grandi masse di ghiacci e conseguente diminuzione del livello dei mari, e periodi “caldi” interglaciali nei quali una parte dell’acqua solida dei ghiacci è tornata allo stato liquido e i mari si sono di nuovo ingranditi. Non solo: gli stessi continenti sono agitati da movimenti interni provocati dal flusso di calore proveniente dalle rocce caldissime presenti nel nucleo della Terra. Questo calore talvolta sfiata nei vulcani sulla superficie dei continenti, talvolta nei vulcani sottomarini, il che altera la temperatura e la circolazione delle acque oceaniche. Tranquilli, quindi, sostengono i negazionisti; sommate le enormi incertezze su tutti questi fenomeni non saranno il miliardo o due miliardi di automobili che bruciano benzina nel mondo, le centrali e forni che bruciano carbone per assicurare acciaio e merci abbondanti, a mettere in pericolo il futuro della Terra.

Due posizioni “scientifiche”, come si vede, inconciliabili, con accuse reciproche. Gli “ambientalisti” accusano i “negazionisti” di fare il gioco dei grandi poteri industriali ed economici, terrorizzati dal rallentamento dei consumi di energia e di merci che sarebbe messo in discussione da una diminuzione degli inquinamenti atmosferici. I negazionisti accusano gli ambientalisti di invocare dei limiti alla crescita economica attraverso una diminuzione dei consumi soprattutto di energia, cioè di tutto il sistema economico. Il grande pensatore, premio Nobel per la pace, Albert Schweitzer (1875-1965), scrisse che ”L’uomo ha perso la capacità di prevedere e prevenire: finirà per distruggere la Terra”. Per quanto riguarda il mare la capacità di prevedere lascia ancora a desiderare, annebbiata dagli scontri di interessi economici, politici e da liti fra scienziati. Ma la capacità di prevenire potrebbe già essere messa in atto con una maggiore attenzione relativa agli insediamenti vicino al mare.

Certo le spiagge e le rive del mare sono le zone più appetibili per costruzioni, porti grandi e piccoli, turismo, alberghi, ma tali opere sono anche le più esposte ad eventi geologici fra cui va messo in conto l’innalzamento del livello del mare entro tempi relativamente brevi. E sarebbero proprio queste opere ad essere per prime danneggiate da una imprudente localizzazione. Le azioni per ridurre l’inquinamento dell’atmosfera e l’effetto serra sono certamente necessarie e urgenti (una ennesima conferenza mondiale si terrà nei prossimi giorni a Durban in Sud Africa), ma una nuova attenzione per la pianificazione costiera può essere avviata subito per evitare di dover piangere per costi e dolori che già oggi sono (sarebbero) prevedibili.

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