venerdì 8 settembre 2017

Longino Contoli, L'urlo di Altamura

Longino Contoli Amante
L’URLO DI ALTAMURA
(MICRO-POST-LEGOMENI AL CARME “DEI SEPOLCRI”)

A chi veda il teschio racchiuso, quasi in uno scrigno, nelle concrezioni di Altamura viene in mente, irresistibile, l’accostamento con “L’urlo”, di Munch!

Solo chi si occupa di Scienza ha presente quanto sia difficile, oggi, in Italia (ma, di certo, non solo), una ricerca realmente valida e libera da condizionamenti extrascientifici; la carenza di mezzi genera, fra l’altro, carenza di dati, fino al limite del “fattore limitante” il prosieguo dello studio.
Ciò è, poi, particolarmente vero per i paleontologi, costretti a districarsi fra una molteplicità di ostacoli, connessi fatalmente con il senso stesso della loro disciplina; fra di essi, infine, i paleoantropologi sarebbero da considerare alla stregua di veri eroi, per la spaventosa carenza quali- quantitativa di reperti, sull’arco di tempo, per di più, sempre più lungo che ormai li interessa; immaginatevi quanto possa pesare loro, avendo scoperto un fossile umano in apparenza completo e probabilmente quasi unico, doversi trattenere dal recuperarlo sùbito, con la prospettiva, inoltre, di dovervi del tutto rinunziare!
E’ quanto avvenuto ed avviene, penso anche in questi mesi, allo scheletro presumibilmente completo dell’individuo imprigionato nelle concrezioni di una cavità presso Altamura.
Agli occhi di chiunque lo veda, anche in immagine (figuriamoci, se de visu!), esso si manifesta come un’impressionante, forse unica apparizione dal lontano passato che guarda dritto in faccia lo spettatore con le sue povere ma profondamente dignitose occhiaie, di certo, non meno umane di noi.
E’ chiaro che il valore dello scheletro non appare solamente scientifico sensu stricto, ma pure estetico – paesistico, locale e generale; in una parola: culturale.
In tal senso, si sono levate diverse voci; così, da parte locale, sembra ci si opponga alla rimozione dello scheletro e non senza comprensibili ed anche validi argomenti; mentre, d’altra perte, già oggi le poche frammentarie informazioni desunte dall’individuo sembrano non poco interessanti per la Scienza.
Ardui, al limite del virtuosismo e meritori gli sforzi già adesso posti in essere per evitare di rimuovere nella sua interezza lo scheletro dalla sua petrigna bara, severa ma luccicante e, quasi adorna di granuli e riflessi perlacei; da sembrare un omaggio inconsapevole ma commovente e rivolto al futuro da parte della sua, della nostra terra al suo breve istante spazio-temporale di vita …
Sembra un incredibile preannunzio del volto “urlante” che resta fra i messaggi più attuali dell’arte; somiglianza forse allusiva che ci richiama pensieri troppo spesso e troppo a lungo accantonati; che, forse, accompagnano l’umanità sin dai primordi.
Un urlo che sembra porsi come lo specchio, più dall’interno che dall’esterno, del nostro sentire.
Non invidio chi dovrà decidere, o avrà già deciso, circa la rimozione dello scheletro, per consentirne un adeguato studio.
Altre tombe, già adornate ed onorate  non solo da inconsapevoli forze telluriche, ma persino da mani e menti umane, furono e vengono profanate in base a solide motivazioni razionali, suscitando invano proteste anche autorevoli e nobilissime, come quella del Foscolo.
Ciò appare un ennesimo segno della nostra incapacità di conciliare profondamente e senza rinunzie (senza vinti né vincitori) le contraddizioni fra la ragione ed il sentimento.
Non si può pretendere di costringere gli studiosi a rinunziare ad un tale reperto,  ma sarebbe meritorio se, spontaneamente, venisse espletato ogni sforzo per non compromettere il messaggio arcano ed umanissimo, più intuitivo che scientifico, che ne promana, severamente inglobato ma pietosamente accolto dalla terra; messaggio dal passato al presente verso il futuro.
In ogni caso, ricordiamoci che, se il prelievo di quella spoglia riguarda gli studiosi, la sua immanenza riguarda tutta l’umanità
Abbiamo bisogno di non dimenticare mai quel volto, quel messaggio; l’umanità necessita di quel richiamo alla vanità ed alla conseguente, necessaria umiltà; richiamo che tentiamo invano di reprimere e che nondimeno sempre più pressante emerge irresistibile dal drammatico declino che stiamo vivendo.


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