giovedì 5 aprile 2012

Malattie dei ricchi malattie dei poveri

Relazione al IV Convegno "Se vuoi la pace prepara la pace: continenti e popoli oltre i blocchi", Firenze

Testimonianze, 29, 205-213 (marzo-maggio 1986)
Anche in: Giovani Realtà (Lecce), 6, (17/18), 107-115 (gennaio-giugno 1986)
Anche in: Il Tetto, 23, (136/137), 422-430 (luglio-ottobre 1986)
Anche in: P. Serreni (a cura di), "Educazione e cultura della pace", Roma, Editori Riuniti, 1988, p. 78-87
Anche relazione al seminario CIDI/CIES, Ariccia, 28 febbraio 1988, in: M. Pinzani Tanini (a cura di), "Per una cultura di sviluppo nella scuola", Angeli, Milano, 1989, p. 67-74

Malattie dei ricchi malattie dei poveri

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Il medico islamico al-Asuli, vissuto a Bokhara nove secoli fa, ha scritto un trattato di farmacologia intitolato: "Malattie dei ricchi - malattie dei poveri". Anche oggi i paesi ricchi e i paesi poveri sono entrambi malati con malattie fisiologiche ed economiche che passano da una parte all'altro e rendono malato il grande, unico corpo della comunità umana.La malattie fisiologiche dei ricchi provengono dalla insoddisfazione, dall'inquinamento, dalla necessità di rapinare le risorse naturali altrui, specialmente dei paesi poveri, per sopravvivere, dalla necessità di stare sempre in una situazione di pre-guerra per evitare che i poveri si ribellino, e dallo stare in una situazione di continua tensione in vista di tale ribellione. Le malattie fisiologiche dei poveri derivano dalla scarsità di cibo, di acqua, di energia, dalle abitazioni malsane, dall'analfabetismo, dalla sovrappopolazione. Da qui un senso di ribellione e la ricerca di una cura nella conquista, anche violenta, dell'indipendenza e della giustizia.Gli ultimi quaranta anni sono stati solo apparentemente anni di pace: centinaia di conflitti sono esplosi nei paesi poveri, alimentati anche dai paesi ricchi, interessati a continuare lo sfruttamento degli stessi paesi poveri e a vendergli armi.La situazione peggiorerà sempre fino a quando le classi dirigenti non si accorgeranno che la cura delle malattie dei poveri è essenziale anche per guarire le malattie dei ricchi. Ma i paesi ricchi possono guarire soltanto con una cura dolorosa e traumatica che richiederà la revisione radicale dei modi di produzione e di consumo, degli stili di vita, del comportamento nei confronti delle risorse naturali e ambientali.

Il cambiamento per forza deve passare attraverso nuovi criteri di giustizia nell'uso delle risorse naturali e tale giustizia può essere solo planetaria. L'ecologia ha dato un contributo straordinario alla comprensione della solidarietà planetaria. Negli anni dopo la seconda guerra mondiale il movimento di contestazione contro le esplosioni delle bombe nucleari nell'atmosfera e' nato da nuove conoscenze scientifiche, dalla constatazione che gli agenti inquinanti e gli atomi radioattivi che si formano durante le esplosioni sperimentali nucleari si diffondevano e circolavano nell'intero pianeta, nell'emisfero settentrionale e in quello meridionale, senza alcun riguardo per i fittizi e arbitrari confini degli stati.Negli anni successivi la contestazione ecologica contro i pesticidi non degradabili ha mostrato che alcuni paesi riuscivano a liberarsi dei parassiti delle loro colture agricole mettendo in circolazione nell'intero pianeta delle sostanze tossiche che compromettevano la sopravvivenza di molte specie viventi dalle quali dipende la sopravvivenza della stessa specie vivente umana.Nel 1966 e' stato introdotto il concetto nuovo di considerare la Terra come una navicella spaziale, "Spaceship Earth".

Ci si e' resi conto che questo nostro pianeta e' l'unica casa che abbiamo nello spazio, una casa comune a tutti. Le nostre risorse possono essere tratte tutte e soltanto da questa navicella spaziale e tutte le scorie e i sottoprodotti e i rifiuti restano dentro il pianeta Terra. Non ci si puo' illudere di prendere risorse da altri corpi celesti o di smaltire i nostri rifiuti negli spazi interplanetari.Dagli anni sessanta, a poco a poco, e' cresciuta la consapevolezza che qualcosa andava cambiato, anche se tale consapevolezza non e' stata ascoltata o accolta dalla cultura e dalla "saggezza" delle classi dominanti. Da allora e' passato un quarto di secolo, ma ben poco e' cambiato nella economia e nella tecnica adottate nei paesi industrializzati.Eppure in questo periodo ci sono stati continui segni premonitori, si sono sentiti tuoni che annunciavano la tempesta e invitavano al cambiamento. Uno di questi segni e' stato l'aumento del prezzo delle materie prime. Alla fine degli anni sessanta, nel Cile, Allende si era messo in testa di nazionalizzare --- anzi di "cilenizzare", cioe' di usare nell'interesse del popolo cileno --- i preziosi minerali di rame che fino allora erano stati sfruttati dalle multinazionali americane. Nel 1972 per iniziativa della Libia si era avuto un primo aumento del prezzo mondiale del petrolio.

Questi eventi stavano ad indicare che i paesi poveri volevano gestire le proprie risorse naturali ed economiche per il proprio sviluppo. Le conferenze delle Nazioni Unite di quegli anni --- la conferenza sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD III) tenutasi a Santiago del Cile nel maggio 1972, la stessa conferenza sull'ambiente umano tenutasi a Stoccolma nel giugno 1972 --- avevano chiaramente indicato i rapporti diretti fra giustizia, risorse naturali, sviluppo e pace. Tali rapporti dovevano essere regolati non dalla logica, dall'egoismo e dalla "saggezza" dei singoli governi, ma considerando l'intera Terra come una unica casa.

L'egoismo dei paesi ricchi si manifesto' con l'assassinio di Allende nel settembre 1973, una "ragionevole" risposta delle multinazionali ad un popolo che si azzardava a ribellarsi contro i sacri principi dell'economia e del mercato. Subito dopo, nell'ottobre 1973, i paesi petroliferi sottosviluppati, giustamente dal loro punto di vista, hanno aumentato il prezzo del petrolio usando gli strumenti del mercato per ristabilire in qualche maniera, anche se disordinata e selvaggia, una qualche giustizia nell'uso delle loro risorse naturali.Nell'aprile del 1974 la sessione speciale delle Nazioni Unite lancio' un appello per un "nuovo ordine economico internazionale". Ma a quindici anni di distanza di questo ordine economico internazionale non c'e' traccia.

L'economista Barbara Ward scrisse allora che gli abitanti della Terra sono divisi in "quattro mondi". Il primo comprende, con comuni interessi, i paesi capitalistici e socialisti industrializzati che sono praticamente autonomi per quanto riguarda l'approvvigionamento delle principali materie prime: Stati Uniti, Unione Sovietica, Canada, Australia.Il "secondo mondo" comprende i paesi europei occidentali e orientali e il Giappone che dipendono dalle importazioni di materie prime che trasformano e da cui traggono ricchezza.Il "terzo mondo" comprende i paesi in via di industrializzazione che cominciano a diventare meno poveri grazie alla vendita ad alto prezzo delle proprie risorse naturali: e' il caso dei paesi petroliferi. In questa transizione essi guariscono lentamente da alcune delle malattie dei poveri per assumere subito alcune malattie dei ricchi, diventando nuovi strumenti di oppressione per altri popoli o per le proprie minoranze interne.

Infine il "quarto mondo" e' quello dei poveri-poveri, sottosviluppati, che non hanno niente da vendere e che non possono comprare tecniche e strumenti neanche per usare in qualche modo le loro risorse interne; afflitti da altissimi tassi di aumento della popolazione sono destinati ad andare alla deriva, esposti alla fame e alle malattie, dipendenti da aiuti mai disinteressati, travagliati da tensioni sociali e politiche interne.Insieme alla presa di coscienza del ruolo che le risorse naturali hanno nello sviluppo, qualcosa si e' mosso, e' cresciuto in Occidente, anche se in maniera disordinata e piena di contraddizioni. A poco a poco alcuni si sono resi conto che avere di piu' significa lasciare di meno agli altri popoli. Le due grandi leggi fisiche, quella della conservazione della massa e dell'energia e quella dell'entropia, indicano che più si sfrutta la natura, illudendosi di diventare più ricchi, più, invece, si distrugge ricchezza, si diventa poveri. Estraendo più risorse dal pianeta restano meno riserve per il futuro e tutto l'insieme risulta degradato dalle scorie e perdente.

C'e' allora una contraddizione: da una parte e' "doveroso" avere di piu', un dovere implicito nel criterio che il prodotto interno lordo di un paese "deve" sempre crescere di un tanto per cento all'anno ed e' osceno, peccaminoso, se questo obiettivo della "crescita" non viene raggiunto. Dall'altra parte le leggi inesorabili della natura indicano che una crescita dei consumi e del reddito pro-capite e' una perdita netta per l'insieme del pianeta, proporzionale alla percentuale della crescita monetaria, aumentata dalla perdita dovuta alla dissipazione e alla degradazione dell'energia. Il libro sui "Limiti alla crescita" (malamente tradotto come "i limiti dello sviluppo") diceva delle verita' non contestabili, che c'è una incompatibilità fra le risorse naturali disponibili sulla Terra e l'aumento della popolazione, la continuazione degli attuali stili di vita seguiti dai paesi ricchi, l'aspirazione dei paesi poveri a raggiungere gli stessi livelli di consumi e di sprechi.Per tappare la bocca ai "catastrofisti" qualcuno scrisse, nei primi anni settanta, che il pianeta Terra avrebbe potuto ospitare 20 o 40 miliardi di persone ai livelli di consumi nord-americani attuali: dei discorsi demenziali. D'altra parte e' stato un errore, in questi anni, sottovalutare e dimenticare il problema della popolazione che aumenta, nel mondo, di ottanta milioni di persone all'anno.

La popolazione terrestre aumentava di ottanta milioni di persone all'anno nel 1970, quando i terrestri erano complessivamente poco piu' di tre miliardi; la popolazione del pianeta, che oggi e' di cinque miliardi di persone, aumenta ancora di ottanta milioni di individui all'anno e tale aumento continuerà ancora per parecchi decenni in futuro. La popolazione aumenta soprattutto nei paesi poveri ed e' questa una nuova faccia delle malattie dei ricchi e delle malattie dei poveri.Nei paesi ricchi si verifica un rapido invecchiamento della popolazione e i governi sono incapaci di dare agli anziani abitazioni adeguate, servizi, possibilità di trovare una ragione di vita dignitosa.

Nei paesi poveri l'aumento della popolazione comporta gravissimi problemi di crescenti richieste di servizi, di abitazioni, di alimenti, di posti di lavoro, che spesso non possono essere forniti: da qui una pressione dei poveri verso i paesi ricchi, una tendenza a d emigrare verso paesi che li respingono e dove la loro presenza da una parte e' necessaria per i lavori piu' umili, dall'altra crea nuove tensioni sociali.Bisogna arrivare ad una transizione demografica, cioe' ad un rallentamento dei tassi di crescita della popolazione nei paesi sottosviluppati, ovviamente non con metodi violenti, ma diffondendo una presa di coscienza, l'istruzione, la politicizzazione delle donne e il loro accesso al lavoro.

Anche in questa maniera sara' difficile, nei decenni dopo il duemila, risolvere i problemi e soddisfare i bisogni di una popolazione terrestre che sara' fra sei e otto miliardi di persone, probabilmente che sara' di dieci miliardi di persone, piu' di due volte la popolazione attuale, nella meta' del ventunesimo secolo.Nei paesi sottosviluppati, intanto, aumenta la richiesta di beni, di servizi, di abitazioni, di oggetti, di impianti industriali, di cibo e di energia e a tale domanda i paesi ricchi rispondono trasferendo ed esportando il nostro modo di vivere, di consumare, di inquinare. Cosi' anche nei paesi poveri si fanno piu' stridenti le diversita' fra i ceti ricchi e i ceti poveri: accanto alle vecchie e povere citta', nei paesi sottosviluppati esplodono le megalopoli in cui ancora piu' violenta e' la diversita' fra le condizioni di vita dei ricchi e dei poveri. Nell'ambito di ciascun paese sottosviluppato si formano nuove classi di ricchi violenti e oppressori nei confronti delle classi povere del loro stesso paese. Da qui tensioni, violenze, terrorismo, evasione nella droga.

Una cura delle malattie dei ricchi e dei poveri puo' essere cercata soltanto nella giustizia nell'uso dei beni naturali, considerati patrimonio comune. Ma questa giustizia si puo' realizzare soltanto con una profonda rivoluzione. Non solo l'essere ricchi in un mondo di risorse scarse si traduce nell' "essere" di meno: apparentemente cresce la quantita' di merci disponibili e possedute, ma in realta' diminuisce la qualita' della nostra vita, la nostra capacita' di condurre una vita umana. Ma essere piu' ricchi significa anche impoverire altri e lasciare meno risorse agli altri.Emergono cosi' nuove forme di furto che non sono contemplate in nessuno dei codici delle societa' sagge: e' un furto portare via ai paesi sottosviluppati i mezzi con cui essi potrebbero fare qualche passo verso la sviluppo. La nostra ricchezza li condanna così al perpetuarsi del sottosviluppo e della povertà e li spinge a ristabilire con la violenza una qualche f orma di giustizia. E' un furto sporcare con i rifiuti e le scorie dei nostri consumi e sprechi un patrimonio comune di acque, aria, mare, per il cui degrado i poveri sono condannati a soffrire di più.

La cura delle malattie dei ricchi e di quelle dei poveri puo' venire soltanto dalla costastazione del fallimento dell'economia politica borghese. Bisogna rifondare una economia politica basata su nuovi indicatori, inventare una "neo-economia", una economia morale che butti a mare i vecchi indicatori della crescita misurata in unita' monetarie, la credenza che la virtu' consiste nel far crescere il prodotto interno lordo.Si tratta di affrontare problemi per i quali siamo completamente impreparati: bisogna interrogarsi sui bisogni, sulle merci necessarie per soddisfare tali bisogni, sulle risorse e sugli inquinamenti associati a tali merci. Bisogna inventare degli indicatori del "benessere" tali che l'obiettivo non sia piu' rendere massima la quantita' dei soldi che entrano in circolazione, ma rendere minimi l'impoverimento della Terra, le sofferenze altrui.Il discorso sulla giustizia planetaria diventa sempre più urgente: ormai non solo stiamo impoverendo i paesi poveri e sottosviluppati, portando via le loro risorse naturali a basso prezzo, ma stiamo esportando in tali paesi nocività ambientali, per esempio sotto forma di rifiuti inquinanti o di sostanze tossiche.

Solo per fare un esempio: l'assemblea della FAO ha di recente approvato un "codice di comportamento" per il commercio dei pesticidi. I paesi industrializzati che esportano pesticidi (spesso vietati per la loro tossicita' e per ragioni ecologiche nel loro territorio) ai paesi sottosviluppati sono blandamente e gentilmente invitati ad avvertire i loro clienti dei potenziali pericoli. Ma, sempre nel nome del profitto, il codice di comportamento della FAO prevede che l'avvertimento per un uso moderato dei pesticidi sia affidato alle industrie che tali pesticidi fabbricano e vendono !Ormai si sta sviluppando un'esportazione di prodotti e rifiuti tossici e radioattivi - un commercio osceno - verso alcuni paesi sottosviluppati che, per soldi, si offrono di riceverli nel loro territorio, di seppellire, per esempio, a pagamento, i rifiuti radioattivi che non si riesce a sistemare nell'Assia o nel Texas o in Basilicata. Ed e' spaventoso proprio che nessuno si scandalizzi.

Per non parlare dell'oscenità della produzione delle armi che, fra l'altro, comporta uno spreco di energia non indifferente. La produzione e l'uso delle armi nel mondo assorbono ogni anno una energia equivalente a quella contenuta in 600 milioni di tonnellate di petrolio, una quantità pari al 10 % dei consumi mondiali di energia. Questo significa che il 10 % dei consumi mondiali di energia e' assorbito per produrre acciaio, alluminio, plutonio, materiali elettronici, carburanti e cosi' via, impiegati per bombe nucleari e convenzionali, missili, navi, carri armati, esplosivi, eccetera, strumenti di offesa e di distruzione.La salvezza va cercata in un cambiamento della nostra posizione nei confronti della violenza che facciamo alla natura, cominciando con lo sradicare la convinzione che gli esseri umani sono destinati a dominare e sottomettere la natura.Ne deriva un rovesciamento delle stesse leggi che regolano i rapporti con gli altri esseri umani, con il "prossimo"; oltre ad un prossimo che ci sta vicino e che non dobbiamo derubare e uccidere, va considerato un prossimo a cui si infligge violenza con i gas di scappamento dell'automobile, e poi un prossimo lontano, ma a cui ciascuno di noi e' legato da rapporti di uso e sfruttamento di risorse naturali e di inquinamento, e c'e' un prossimo lontano nel tempo, un "prossimo del futuro", quello che avra' a che fare con i residui delle centrali nucleari che restano radioattivi per millenni, che erediteranno queste scorie a causa della nostra miopia e imprevidenza, che soffriranno per l'erosione del suolo provocata dalla speculazione edilizia e agraria della nostra generazione.

Come cittadini del mondo stiamo seguendo con ansia i segnali di distensione fra le superpotenze nucleari, la speranza che venga distrutta almeno una parte delle bombe nucleari esistenti sul pianeta, ma non possiamo dimenticare che tale distruzione comporta l'accumulo di scorie e rifiuti radioattivi che devono essere smaltiti, sepolti per millenni lontano da qualsiasi contatto con le forme di vita. E nessuno sa come.Emerge così, se volete, un nuovo volto della lotta di classe, che vede contrapposti sfruttatori delle risorse naturali altrui e sfruttati, inquinatori e inquinati, che viene soffocata con operazioni di polizia o di guerra.Facciamoci tutti profeti disarmati, militanti delle battaglie per la pace, contro lo spreco, contro i consumi, contro gli inquinamenti, delle battaglie per una nuova giustizia nell'uso delle risorse naturali della Terra, unica nostra casa nello spazio, ricordando che la pace è figlia della giustizia – Opus iustitiae pax.







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