"Prefazione" a: L. Carra, "Onde sospette.
Elettricità e salute", Roma, Editori Riuniti, 1994, p. IX-XVII
Giorgio Nebbia
Leggendo
il libro ciascuno si farà una sua idea se l'esposizione ai campi magnetici
generati dalle linee elettriche ad alta tensione è pericolosa o no. L'autore
del libro riporta i dati sperimentali che inducono a considerare tale
esposizione pericolosa e le obiezioni di coloro che non vi
attribuiscono eccessiva importanza o considerano tali pericoli
irrilevanti.
Io
sono fra coloro che ritengono che i dati disponibili giustifichino norme più
rigorose delle attuali nella costruzione e localizzazione delle reti per il
trasporto dell'elettricità ad alto voltaggio, in modo da
diminuire l'esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici che tali reti di sicuro generano.
Solo
in Italia i tumori causano 150.000 morti all'anno e innumerevoli
dolori e costi privati e pubblici. Purtroppo si sa così poco sui
meccanismi di formazione dei tumori, sulle cause dirette
e indirette che li fanno sorgere, l'insorgenza dei tumori è
spesso così ritardata rispetto all'esposizione, che è saggio, direi
doveroso, chiedere che sia rimossa qualsiasi ulteriore potenziale causa,
come l'esposizione ai campi elettromagnetici, soprattutto quando la rimozione è
tecnicamente possibile.
Ma
più che entrare nel dibattito sulla nocività delle linee elettriche ad alta
tensione vorrei sottolineare che il libro è un importante documento
di uno dei molti episodi di lotte popolari in difesa della salute e
dell'ambiente, di contestazione ecologica. Tale contestazione rappresenta uno
dei tanti movimenti di riforma che si sono succeduti nella storia dell'umanità.
Una
comunità, o una sua parte, in un momento della sua storia, comincia a
prestare attenzione, ad attribuire un "valore", a cose o fatti
che prima erano considerati trascurabili e chiede delle riforme legislative per
la tutela di tali valori.
A
titolo di esempio si possono ricordare la lotta agli insetticidi persistenti
mobilitata da Rachel Carson; la contestazione contro le esplosioni
nucleari nell'atmosfera; la protesta contro le raffinerie di
petrolio inquinanti; contro la produzione delle
"bioproteine"; contro le frodi alimentari; le battaglie per
salvare dalla distruzione le sequoie della Sierra californiana; la
contestazione delle centrali nucleari; le lotte contro le varie forme di
inquinamento, eccetera. Nel nostro caso la contestazione riguarda i possibili
danni arrecati alla salute dalle linee elettriche ad alta tensione, sui
cui pericoli non ci si era prima soffermati.
Qualsiasi
riforma disturba degli interessi consolidati in quanto comporta la
modificazione di processi produttivi, l'introduzione di accorgimenti che fanno
aumentare la sicurezza, eccetera, e tutto questo costa ai fabbricanti, ai
proprietari, al potere, insomma. E' quindi abbastanza naturale che
chi viene disturbato cerchi di ridicolizzare le preoccupazioni dei contestatori
attraverso vari meccanismi.
Il
primo consiste nel mobilitare i propri "scienziati", pronti a
dimostrare che il presunto pericolo o danno non c'è, o è minore di
quanto si pensi, o è irrilevante, soprattutto rispetto a molti
altri pericoli a cui si è esposti nella vita moderna. Gli stessi
scienziati sono pronti a testimoniare che il cambiamento
richiesto dai contestatori sarebbe, rispetto agli irrilevanti vantaggi,
troppo costoso, per le tasche delle imprese e della collettività,
o che creerebbe disoccupazione. Quest'ultimo argomento è molto
efficace perché riesce a mettere, contro i contestatori, gli stessi lavoratori
che poi spesso sono loro stessi --- e le loro famiglie --- inquinati e
danneggiati dallo stato esistente.
L'altra
tecnica adottata dagli inquinatori contro i contestatori è di farsi fare,
dai governi, delle leggi quanto più possibile favorevoli. Se i governi --- nel
senso più lato di parlamenti, governi nazionali, amministrazioni locali
--- operassero per il bene pubblico,
nell'interesse della salute della collettività, sarebbero i primi
ad accogliere la domanda di maggiore sicurezza, di
eliminazione dei pericoli, di salvaguardia dei beni collettivi come sono quelli
ambientali. Ma i governi prendono le decisioni sotto la pressione dei
poteri forti e le leggi di riforma, di difesa degli interessi diffusi, possono
essere ottenute soltanto con lotte popolari, attraverso una
"contestazione", appunto, dell'esistente nel nome di interessi
più generali, collettivi.
Nel
nostro caso, quando si è diffuso, a partire dalla fine degli anni 70, il
sospetto che potesse esservi una relazione fra i campi elettromagnetici
generati dagli elettrodotti e la comparsa di tumori, un
"governo" attento agli interessi collettivi avrebbe dovuto lui
per primo prendere iniziative per allontanare gli elettrodotti dalle
case, dalle scuole, dalle fabbriche. In Italia la cosa avrebbe potuto essere
favorita dal fatto che il proprietario degli elettrodotti è l'ENEL, cioè un
ente dello stato, nato per operare nell'interesse collettivo con i soldi
della collettività.
Invece
è stato tutto il contrario: per non cambiare i propri programmi, nel nome
di presunti eccessivi costi dell'elettricità, l'ENEL è riuscito ad ottenere
delle leggi --- anzi dei decreti, che non passano neanche dal Parlamento ---
che stabiliscono che gli elettrodotti ad alta tensione possono passare
anche a 28 metri dalle case e dalle scuole e che comunque per
l'adeguamento a questa norma bisognerà aspettare il 2004, per cui fino ad
allora è del tutto normale che decine di migliaia di persone vivano e
continuino a vivere a ridosso degli elettrodotti, esposte ai campi magnetici.
Quando
è sorto il dubbio che la vicinanza degli elettrodotti ad alta
tensione potesse arrecare danno alla salute, le popolazioni interessate
hanno chiesto il loro spostamento in zone meno abitate; davanti
al rifiuto dell'ENEL, alcuni gruppi di persone, per fermare la
costruzione degli elettrodotti, si sono rivolti alla magistratura, considerata
ancora l'unica forma dello stato capace di far rispettare le leggi che tutelano
la salute dei cittadini, quando i governi sono silenziosi o indifferenti.
Ma
ben presto i comitati di cittadini hanno imparato a fare i conti con
l'arroganza del potere, dei suoi avvocati, dei suoi scienziati
specializzati nella difesa dell'esistente, nell'impedire qualsiasi cambiamento,
gli scienziati del “do-nothing”.
La
storia raccontata in questo libro è esemplare. Nel 1979 appare la prima
pubblicazione americana che indica una possibile relazione fra
l'esposizione ai campi elettromagnetici generati dagli elettrodotti
e la comparsa di tumori. Nel 1985-86 alcuni gruppi di cittadini della
Versilia, davanti ai programmi di costruzione di un nuovo grande elettrodotto
--- che avrebbe dovuto collegare La Spezia ad Acciaiolo --- per difendere la
propria salute chiedono ai pretori, a quello di Pietrasanta, a quello di
Viareggio, un ordine di sospensione dei lavori, una modifica del percorso
della linea elettrica.
Davanti
a questa richiesta, in attesa di una perizia scientifica che
mostrasse la maggiore o minore fondatezza della pericolosità degli
elettrodotti, il pretore di Pietrasanta, Franco Carletti, ha ordinato,
nel febbraio 1986, il sequestro delle opere iniziate dall'ENEL.
L'ENEL
ricorre al Tribunale di Lucca che nel marzo successivo, revoca la misura
cautelare di sequestro. Il procedimento giudiziario va avanti e nel febbraio
del 1987 il pretore condanna il direttore dei lavori
dell'elettrodotto dell'ENEL per violazione di norme urbanistiche relative
al tracciato dell'elettrodotto.
Sembra
una piccola vittoria dei movimenti di base dei cittadini in lotta per la loro
salute, ma l'ENEL mobilita tutte le sue forze e la Corte di Cassazione, nel
novembre 1988, annulla la sentenza del pretore di Pietrasanta e il
Tribunale di Lucca nel marzo 1990 revoca definitivamente il sequestro
dell'elettrodotto.
Ho
ricordato la lotta popolare in Versilia perché è stata la prima e anche perché
sono stato coinvolto personalmente. Il 20 ottobre 1986 il pretore di Viareggio mi
ha nominato perito di ufficio
in un altro procedimento promosso da un altro gruppo di cittadini per
stabilire la legittimità e liceità dell'elettrodotto che attraversava la
loro zona. Il successivo 27 novembre gli avvocati difensori
dell'ENEL hanno ricusato la mia nomina asserendo che avevo svolto
"opera di consulente di parte in causa contro l'ENEL, presso altre corti e
Tribunali" --- e non era vero perché, nel 1982, ero stato nominato
dal Pretore di Roma perito di ufficio, e non di parte, in un procedimento sul
comportamento dell'ENEL ai tempi dei blackout del 1981 --- e perché
inoltre, in qualità di parlamentare, avevo "svolto
tutta una serie di interrogazioni ed interpellanze" che mi
ponevano "nei confronti dell'ENEL, se non in ipotesi di grave inimicizia,
quanto meno in posizione 'critica' riguardo l'attività svolta
dall'ENEL, in generale, talché se ne può inferire una non obiettività in
un eventuale giudizio tecnico".
E'
come dire che un perito in una causa che riguarda l'ENEL deve essere amico
dell'ente, un altro piccolo esempio del modo di ragionare dell'ENEL.
Mi sono
inoltre soffermato a ricordare la battaglia della gente della Versilia perché
questi movimenti e questi pretori, anche se sono stati sconfitti, hanno dato
coraggio ad altri gruppi in tutta Italia, dal Piemonte, alla Liguria,
alla Lombardia, al Veneto, alle Marche, con straordinari personaggi ed eventi
di cui il libro racconta la storia, togliendola dal silenzio e
dall'oblio.
Si
moltiplicano, dal 1989 in avanti, i convegni sui pericoli dei campi
elettromagnetici, gli abitanti di piccoli paesi imparano a parlare di
millivolt/metro e di microtesla, scoprono che vengono prese, sulla loro
testa --- è proprio il caso di dirlo --- decisioni che coinvolgono
la loro salute, la salute dei loro figli, la loro casa, il loro futuro.
Leggendo
il libro viene spontaneo ricordare le manifestazioni contro le centrali
nucleari, quando, davanti alle "certezze" di sicurezza e
innocuità, esposte dagli scienziati dell'ENEL o dell'ENEA, la contestazione
ecologica ha contribuito alla alfabetizzazione delle popolazioni --- ad
Avetrana e Carovigno nel Salento, a Montalto di Castro nel Lazio, a Viadana e
San Benedetto Po nel mantovano, a Termoli nel Molise --- sull'energia nucleare
e sui suoi pericoli, sui piani di emergenza e sulla radioattività.
In
questo modo è cresciuta, sugli elettrodotti come sul nucleare, come sui
pesticidi, una nuova voglia di partecipazione e di solidarietà popolare, la
sensazione di poter contare come cittadini e individui, una domanda di
democrazia. Il libro ha fatto bene a ricordare eventi, rimasti sconosciuti al
grande pubblico e che hanno avuto, al più, un poco di ascolto nella stampa
locale.
Da
parte sua l'ENEL ha mobilitato i grandi giornali e i mezzi di comunicazione per
spiegare che le ubbie dei nemici degli elettrodotti avrebbero fermato il
progresso, impedito il lavoro nelle industrie, fino ad ammiccare a
possibili legami o simpatie inconfessabili con gli "ecoterroristi",
quelli che facevano attentati --- veri o presunti --- contro i tralicci
dell'ENEL. Alcuni gruppi di cittadini non impedivano forse il lavoro delle
ruspe impegnate nella costruzione dei piloni ? non organizzavano blocchi
stradali che dovevano essere rimossi con la forza pubblica, e con maniere
energiche ? nel 1991 una terribile contadina, "nonna fucile",
non aveva forse difeso il suo campo dall'invasione dell'elettrodotto spianando
un facile da caccia (scarico) ?
Intanto
nel mondo --- Stati Uniti, Svezia, Danimarca, Germania, Unione Sovietica --- si
andavano moltiplicando gli studi che hanno confermato come probabile e possibile
una correlazione fra i campi elettromagnetici delle linee ad alta tensione e la
comparsa di tumori. La lettura di questi articoli e documenti internazionali fece
aumentare i dubbi delle popolazioni che chiedevano lo spostamento degli
elettrodotti lontano dai luoghi abitati, altre soluzioni meno dannose per
il trasporto dell'elettricità; fortunatamente al fianco delle
popolazioni si schiera un crescente numero di scienziati dai nomi
prestigiosi come Maltoni, Loprieno, e molti altri, che hanno messo il proprio
sapere e i risultati delle proprie ricerche a disposizione della causa della
difesa della salute.
Alla
crescente domanda di sicurezza l'ENEL rispondeva cercando di far
annullare, presso i tribunali, le decisioni o le sentenze che
imponevano una revisione dei percorsi delle linee elettriche. La
collera dell'ENEL raggiunge il massimo quando, nel giugno del 1993, Michele
Boato e gli altri Verdi della Regione Veneto riescono a far approvare una legge
che vieta il passaggio degli elettrodotti a meno di 150 metri dalle abitazioni
o fabbriche. In settembre il Consiglio regionale modifica tale legge in senso
un po' meno restrittivo e il 20 dicembre 1993 sospende la legge fino al
gennaio 1995.
Un
bell'esempio dei motivi con cui l'ENEL riesce a vincere
l'opposizione popolare è contenuto nella sentenza del Tribunale di Torino
(n. 7362 del 6 novembre 1993), riportata in “Le Scienze” del settembre 1994.
Tale sentenza, dando ragione all'ENEL contro la Regione Piemonte, alcuni
suoi consiglieri e le associazioni Pro-Natura Piemonte e Pro-Natura Torino
(insorti contro la realizzazione dell'elettrodotto Leini-Piossasco da 380
chilovolt) così argomenta: "Sarebbe assurdo e ingiustificato che il
Tribunale, nella veste di ‘peritus peritorum’ disattendesse ‘sic et
simpliciter’ tali argomentazioni [cioè la perizia tecnica che escludeva
la pericolosità dell'elettrodotto per le persone che nelle vicinanze
vivono, lavorano e transitano] senza fondare l'opposto giudizio su
argomentazioni di pari dignità scientifica e solo argomentando in termini di
'non esclusione' di un rischio futuro o pericolosità meramente 'probabile' ---
ancora non dimostrata ma dimostrabile in avvenire --- sarebbe un giudizio
fondato sulla semplice 'paura dell'ignoto' e come tale immotivato e
irrazionale".
Se
si fosse ragionato sempre così saremmo ancora,
davvero, all'età della pietra dei diritti civili e della democrazia.
Non c'era nessuna dimostrazione scientifica che il lavorare nelle filande
e nelle miniere per dodici ore al giorno arrecasse danni alla salute dei
ragazzi. Anzi nei primi anni dell'Ottocento un autorevole scienziato, il dottor
Andrew Ure, nel celebre libro, "La filosofia delle manifatture",
aveva dimostrato che i piccoli lavoratori stavano benissimo di
salute, anzi stavano anche meglio dei loro coetanei che non facevano
niente. Eppure un movimento di opinione è riuscito a far riconoscere,
almeno nei paesi industriali avanzati, che è vietato far lavorare i bambini e i
ragazzi.
Al
di la di sicure evidenze scientifiche di danni agli esseri umani, un grande
movimento di protesta ha fatto crescere la cultura della
sicurezza, il divieto di esposizione a rischi, di contatto con
sostanze nocive. La cultura della sicurezza è tutt'altro che immotivata ed
irrazionale.
L'articolo
di “Le Scienze”, prima citato, sempre a proposito dei campi elettromagnetici
afferma che "la definizione di limiti di esposizione è un processo
fondamentalmente politico, nel quale si realizza un compromesso tra
esigenze di carattere sanitario e valutazione di
ordine economico, sociale e di sviluppo industriale".
Sulla
base di questo ragionamento, la sicurezza e la salute dovrebbero essere
sacrificate davanti a eccessivi costi o a cambiamenti di processi e merci.
Quello dei costi è uno dei punti fermi delle compagnie elettriche: esse sanno
bene che sarebbe possibile ridurre l'esposizione della popolazione ai
campi elettromagnetici, ma sostengono che tale diminuzione "costa troppo".
Costa cambiare i programmi di costruzione degli elettrodotti, costa
spostare gli elettrodotti esistenti, costa spostare le persone dagli
edifici troppo vicini agli elettrodotti, costa modificare i piani
regolatori dei paesi e delle città.
E
tali costi sono, secondo le compagnie elettriche, ingiustificati alla luce di
una speciale scienza che cerca di confrontare costi e benefici, come se fossero
quantificabili in soldi dei beni come la salute, la sicurezza, la bellezza del
paesaggio. Il mondo è sempre andato avanti proprio perché dei
movimenti di opinione hanno spinto a dare un valore, in assoluto, a tali beni.
Il
libro esce in un momento particolarmente importante della storia italiana
e internazionale: la grande svolta a destra che si sta verificando in
Italia, ma anche in molti altri paesi industriali, porta a dare valore e
senso soltanto agli affari, al denaro, al "progresso" misurato
in termini merceologici e finanziari privati. In tale progresso non
c'è posto per altri diritti e valori, tanto più se sono riferiti a beni
collettivi, senza padrone. E' perciò indispensabile raccontare --- come fa questo libro --- e ricordare che è
possibile opporsi all'arroganza del potere economico e del potere
politico, succube al denaro e agli affari, anche se, e anzi proprio
perché, tale potere non ammette la protesta, la reprime con la forza.
Coloro
che si sono battuti e si battono, nel nome della salute, contro gli
elettrodotti che passano vicino alle case, contro l'ENEL e i suoi
scienziati, sappiano perciò che combattono per qualcosa di
più importante della semplice difesa dei propri interessi, si battono
anche per l'affermazione di elementari diritti civili, partecipano ad una
"nuova Resistenza". Il nemico è forte e la lotta difficile: trovo fra
le carte uno dei volantini distribuiti durante qualcuna delle
manifestazioni contro gli elettrodotti, con un patetico e commovente
appello: "Aiutateci".
Purtroppo
i libri, come questo, che raccontano storie di proteste popolari
ambientali, che "aiutano" ad avere fiducia nella resistenza al
potere, nella solidarietà fra inquinati, sono pochi e rari. Le testimonianze
delle lotte ambientali sono spesso disperse, difficili da raccogliere e
consultare; anche le grandi associazioni non hanno archivi storici e gran parte
del materiale è inaccessibile o è andato perduto.
La
storia delle lotte ecologiche è importante anche
perché mostra, a chi volesse intendere, che molti
conflitti potrebbero essere evitati e superati se il
potere economico, politico e industriale, il potere degli inquinatori,
assumesse un atteggiamento meno arrogante, più intelligente e
lungimirante, quella "prudent avoidance" di cui parla l'autore di
questo libro. In questo modo i cittadini ricupererebbero un po' più di rispetto
e di fiducia nello stato, il paese progredirebbe verso la modernità e,
per restare al caso trattato nel libro, ci si accorgerebbe che è
possibile trasportare l'elettricità con sistemi più rispettosi della
salute e del paesaggio.
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