In: Gianni Palumbo e Danilo Selvaggi (a cura di), "Le coste italiane", Roma, LIPU, 2003, p. 188-189
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Nell’analisi
dell’ambiente marino uno degli aspetti di maggiore importanza è rappresentato
da quello che avviene in quella delicata e mutevole interfaccia dove il mare
incontra la terra. Un problema che riveste particolare importanza nel nostro
paese in cui tale “interfaccia” si estende per ottomila chilometri.
Gli
eventi che si verificano nell’interfaccia sono di molteplice natura:
innanzitutto l’interfaccia è rappresentata da rocce o zone sabbiose, mutevoli
nel tempo, anche nel corso di un anno, ad opera del vento e del moto ondoso.
Il
mare scorre verso e lungo tale interfaccia con forza mutevole governata dal
vento e dall’apporto idrico dei fiumi e dei bacini idrografici vicini i quali
governano non solo il moto dell’acqua marina, in genere parallelo alla costa,
ma anche le materie solide che il mare trasporta nel suo moto continuo. Tali
materie, di diversissima dimensione e natura chimica a seconda del trasporto
solido dei fiumi, vanno da fanghi di particelle finissime, a sabbie, a ghiaie e
possono comprendere anche sostanze inquinante provenienti dagli scarichi di
attività agricole, industriali e di insediamenti urbani situati lungo i fiumi o
lungo le coste.
Il
loro deposito lungo e sulle coste governa il carattere e la stabilità delle
spiagge e coste e anche i caratteri chimici dell’acqua di mare e quindi la sua
idoneità ai fini della balneazione. Il mare trasporta verso l’interfaccia,
inoltre, molte altre sostanze che raccoglie al largo e che possono essere
scarichi di navi, per esempio prodotti petroliferi.
L’interfaccia,
sia rocciosa, sia sabbiosa, è sede di molteplici e poco esplorate forme di vita
vegetale e animale, anch’esse variabili da luogo a luogo e nel corso delle
stagioni. Forme di vita talvolta rare e preziose e sopravvissute nei millenni.
Nelle
coste sabbiose non disturbate dall’intervento umano il vento e il moto ondoso
disegnano delle dune e delle zone umide nelle quali si formano e crescono
sequenze di vita vegetale e animale, diverse a seconda della forma delle dune e
della composizione delle acque e paludi retrodunali.
Talvolta
le coste sono diventate sedi di interventi agro-forestali; nelle paludi
costiere sono stati, in passato, insediate coltivazioni di piante di interesse
economico; per esempio di pini da cui trarre la resina. La pineta di Ravenna
risale ad epoca romana e medievale; le pinete dell’alta Toscana risalgono al
settecento con i Lorena. La storia economica di queste coltivazioni
presenterebbe grandissimo interesse culturale, anche perché le pinete si sono
rivelate degli importanti indicatori del degrado dovuto ad altre attività
antropiche successive.
Se
da una parte vento e acqua di mare governano la vita dell’interfaccia, con
caratteri che sono oggetto di studio dell’idraulica, della geologia, della
biologia, l’interfaccia è sede e fonte di attrazione di attività umane che
alterano gli equilibri naturali. Da sempre sulle coste si sono insediati dei
porti che richiedono protezioni stabili che modificano intensamente gli equilibri dell’interfaccia: modificano
il trasporto solido del mare che lambisce l’interfaccia, provocando erosione e
deposito di sabbie che dipendono dagli ostacoli che vento e mare trovano nel
loro moto.
La
presenza di porti diventa fonte di attrazione di attività umane, dalle grandi
città costiere a insediamenti turistici; le zone sabbiose, soprattutto, sono
attraenti per attrezzature balneari, abitazioni, ristoranti, alberghi, approdi
turistici.
In
generale tali interventi umani hanno luogo nella totale ignoranza delle interazioni
fra acque e coste e accelerano i fenomeni di erosione, che talvolta danneggiano
le stesse strutture costiere e soprattutto alterano e distruggono le
popolazioni vegetali e animali tipiche delle coste, in qualche caso rare e
delicate.
I
casi di interventi positivi, ma per lo più sbagliati, nell’interfaccia
mare/terra nei vari paesi sono così numerosi che, volendo, si potrebbe operare
arrecando minori danni, se fossero analizzati gli interventi del passato alla
luce delle conoscenze scientifiche. Tali conoscenze hanno indotto alcuni paesi,
la Francia, per esempio, a vietare l’edificazione e la distruzione delle dune
costiere.
L’analisi
dello stato dell’interfaccia nelle varie parti delle coste italiane può avere
due importanti effetti:
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potrebbe indurre ad una pedagogia, da diffondere per esempio nelle scuole, sui
caratteri e le modificazioni e sulla bellezza dell’interfaccia, la cui difesa è
importante dal punto di vista anche economico; per inciso i caratteri
paesaggistici e le forme di vita marina e costiera sono molto belli e hanno un
valore educativo molto grande; un libretto elementare, ma scientificamente
corretto, e illustrato, potrebbe essere intitolato proprio “Interfaccia”, da
distribuire alle scuole;
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potrebbe offrire indicazioni agli amministratori locali per una pianificazione
territoriale che eviti interventi sbagliati, come cementificazione o
asfaltatura delle spiagge, porti turistici con attracchi che alterano il
trasporto solido dei fiumi e che provocano erosione.
Ai
fini della realizzazione dei precedenti obiettivi grande importanza avrebbe un
centro di documentazione sulle zone costiere, in qualche città costiera, che
potrebbe essere facilmente arricchito anche utilizzando le miniere di
informazione offerte da Internet, il materiale fotografico e cinematografico
che già esiste.
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