mercoledì 18 gennaio 2012

Cinque minuti a mezzanotte

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 17 gennaio 2012.


Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Il doloroso incidente alla grande nave da crociera nel Mare Tirreno (13 gennaio 2012) può essere considerato una metafora, un tragico campione di quanto avviene nella “perfettissima” società moderna, Tremila persone pranzavano felici, le signore in eleganti vestiti, godevano le meritate vacanze in un sera di gennaio su una nave di avanzatissimo modello, un altro migliaio di persone si guadagnavano lo stipendio come camerieri, marinai, impiegati, quando la chiglia della bella nave è stata squarciata da uno scoglio, un pezzo di roccia nel mare. Improvvisamente le stesse persone si sono trovate scaraventate su scialuppe o in mezzo al mare, mentre il mare inghiottiva i bagagli, i vestiti, i risparmi di anni di vita.

La vita, per sua natura, è piena di rischi. Bastava un incendio per distruggere i raccolti e le capanne dei nostri antenati di diecimila anni fa, un terremoto o l’eruzione di un vulcano per distruggere potenti e ricche città, i padroni e gli schiavi. Il progresso tecnico scientifico ha fatto aumentare le fonti di benessere e di felicità e le fonti di rischio. Nessuno se ne rende conto, come nessuno dei viaggiatori della nave pensava di perdere tutto, ma basta un evento accidentale per arrecare danni anche grandissimi. Questa considerazione non deve indurre alla disperazione, ma ad esercizi di continua previsione e prevenzione, attraverso la conoscenza. Alcuni rischi tecnologici conosciamo già e potremmo, se volessimo, fermare.

Nel 1945, davanti alle catastrofi umane ed ambientali provocate dall’esplosione delle bombe atomiche sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, un gruppo di studiosi, autodefinitisi “scienziati atomici”, ha dato vita ad un ”Bollettino” mensile che, senza tregua, ha avvertito il pubblico e i governanti (spesso sordi) dei pericoli dell’aumento del numero e della potenza delle bombe nucleari nel mondo, ma anche di certe tecnologie devastanti come centrali, dighe, industrie chimiche, eccetera. Il “Bulletin of the Atomic Scientists” ha così cominciato a pubblicare, nella prima pagina, il disegno di un orologio le cui lancette si avvicinano o si allontanano dalla “mezzanotte” della catastrofe planetaria, a secondo della consapevolezza dei pericoli esistenti nel mondo. Segnava tre minuti a mezzanotte quando, nel 1949, l’Unione Sovietica dimostrò di avere anche lei un arsenale di potenti bombe nucleari.

Le lancette si allontanarono fino a 17 minuti dalla mezzanotte nel 1991 con la fine della guerra fredda e alcuni passi verso il divieto dell’uso delle armi atomiche. Le lancette si avvicinarono di nuovo a sei minuti con la comparsa di nuove potenze nucleari, Israele, India, Pakistan. Col 1 gennaio 2012 le lancette si sono avvicinate ancora più, a cinque minuti a mezzanotte, in seguito alle notizie dei progressi nella produzione di bombe atomiche nella Corea del Nord e in Iran; alle crescenti tensioni fra Iran, Israele, Occidente; ai sussulti politici nei paesi petroliferi arabi; al fallimento degli accordi per la limitazione delle emissioni nell’atmosfera dei gas che provocano il riscaldamento planetario; alla constatazione che anche gli incidenti alle centrali nucleari commerciali, ieri l’altro a Chernobil in Ucraina, ieri a Fukushima in Giappone, possono immettere grandi quantità di sostanze radioattive che ricadono su paesi anche lontanissimi.

Se questi sono gli effetti della contaminazione planetaria di una centrale commerciale, che cosa succederebbe se, intenzionalmente o per errore, esplodesse, su una qualsiasi parte della Terra una bomba nucleare della potenza di molte volte superiore a quella delle bombe che distrussero le due città giapponesi nel 1945 ? e negli arsenali dei vari paesi dotati di armi nucleari ci sono circa 20.000 (avete letto bene, ventimila) bombe di.simili potenze. L’esplosione anche di una sola bomba spazzerebbe via, col vento radioattivo, le persone mentre sono a tavola, o sono al lavoro nelle fabbriche e negli uffici. Il fatto che, dopo quelle giapponesi del 1945, finora non sia stata usata una bomba nucleare contro un nemico, non deve rassicurare. Così come non si possono liquidare, come “estate fredda” o “inverno caldo”, le anomalie climatiche provocate dai gas inquinanti delle attività di produzione e di consumo.

“Purtroppo” molte delle azioni che si rivelano dannose, che ci avvicinano alla fatidica “mezzanotte”, sono considerate lodevoli perché assicurano lavoro e ricchezza; L’industria delle armi impiega milioni di operai, ingegneri, scienziati; l’inquinamento atmosferico responsabile dei mutamenti climatici è l’inevitabile conseguenza della produzione di “cose buone”, elettricità, macchine, merci. Che fare ? Non resta che chiedere ai governanti di sostenere coraggiosi e lungimiranti accordi internazionali da una parte per la limitazione ed abolizione delle armi nucleari, dall’altra parte per riconoscere in anticipo ed evitare i frutti avvelenati di una tecnologia imprevidente. Non si tratta di ecologismo alla moda, ma di tenere l’umanità alla larga dalla mezzanotte planetaria.





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