sabato 7 luglio 2012

Diario di un viaggio dove il lavoro è pericoloso, 1989

Consumi e Società, 3, (3), 15-18 e 31 (maggio-giugno 1989)

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

"Lavorare fa male alla salute": era uno degli slogan della contestazione degli anni 60 del Novecento ed effettivamente la storia del lavoro nel mondo è segnata da dolori, fatiche, malattie, incidenti mortali. Se il lavoro è un diritto umano come la salute, le condizioni di lavoro malsane e pericolose sono atti di violenza, violazioni di diritti fondamentali. Eppure tali condizioni purtroppo sono ancora diffuse, sulla base del principio che le condizioni di lavoro piu' umane costano denaro agli imprenditori, rallentano la produzione, richiedono cambiamenti nei cicli produttivi e, in una parola, fanno diminuire i profitti. In questo quadro è stata importante la decisione del Senato di costituire una Commissione di inchiesta sulle condizioni di lavoro nelle aziende col compito di indagare nell'Italia del secondo miracolo economico, di guardare in quali condizioni si lavora, quali nuove nocività vengono introdotte dalle nuove tecnologie.

La storia delle lotte per migliori condizioni di lavoro, per orari più umani, per la diminuzione dei pericoli, si può dire che cominci nei primi anni del 1800, con la nascita della rivoluzione industriale. Non a caso il termine è stato coniato da Engels nella sua fondamentale opera proprio sulla "situazione della classe operaia in Inghilterra", scritta nel 1842.

Negli anni quaranta dell’Ottocento furono avviate in Inghilterra le prime inchieste che denunciarono le condizioni in cui lavoravano i ragazzi, maschi e femmine, le donne, gli uomini adulti e vennero proposte le prime leggi in favore dei lavoratori, naturalmente osteggiate dagli imprenditori del tempo.

Essi trovarono, come racconta con molti particolari Marx nel primo libro del "Capitale", il "loro" scienziato, il noto chimico Andrew Ure (1778-1857) che, in un celebre libro, "La filosofia delle manifatture", spiega bene come è buono l'imprenditore che assume e fa lavorare dei ragazzi: i ragazzi, fin dalla piu' tenera età, apprendono così un mestiere e la disciplina e vengono tolti dalla strada, fonte di perdizione; il datore di lavoro, per non costringerli a perdere tempo, li fa mangiare e dormire sul lavoro e la domenica a sua spese assicura anche un insegnamento di dottrina cristiana. L'ineffabile dottor Ure --- come lo chiama ironicamente Marx --- spiega diligentemente che le migliore indagini mostrano che i fanciulli che lavorano in fabbrica sono più allegri, di miglior aspetto e più sani di quelli che stanno a casa. Che cosa si vuole di più ?

Quasi contemporaneamente, negli anni 1841-1843, in Piemonte cominciarono le denunce delle condizioni di lavoro nelle industrie: personaggi come Carlo Ilarione Petitti di Roreto (1790-1850, a cui si deve il saggio “Sul lavoro de’ fanciulli nelle manifatture”, pubblicato come Lettera al direttore delle “Lettura di famiglia”) e il pedagogista Giuseppe Sacchi (1804-1891), pur appartenendo all'alto borghesia intellettuale, si batterono per una prima legislazione sociale, sui modelli della Francia e dell'Inghilterra.

I problemi del lavoro, soprattutto in relazione alla necessità di ridurre l'orario di lavoro dei fanciulli, arrivarono nel Parlamento italiano negli anni 1873-1877 in occasione della discussione della prima legge sanitaria. Le polemiche fra l’economista Luigi Luzzatti (1841-1927) e l’industriale Alessandro Rossi (1819-1896), quest'ultimo senatore portavoce degli interessi imprenditoriali, sono ancora oggi emblematiche. Il Ministero dell'Industria, agricoltura e commercio svolse nello stesso periodo la prima inchiesta sulle condizioni degli operai nelle fabbriche, pubblicata nel 1877.

Per arrivare a tempi più vicini a noi, dopo la Liberazione il primo miracolo industriale fu caratterizzato dallo sfruttamento dei lavoratori, tanto maggiore e più pericoloso per la salute in quanto aumentavano le nocività a causa delle nuove tecniche, delle nuove materie trattate.

L'ACNA di Cengio, l'IPCA di Ciriè in Piemonte, Marghera, Massa, la SLOI di Trento, sono soltanto alcuni degli episodi che hanno portato all'attenzione dell'opinione pubblica i più vistosi casi di incidenti e morti sul lavoro.

Ben piu' difficile sarebbe fare i conti con le malattie e le morti nelle piccole fabbriche, piu' difficilmente correlabili direttamente alla permanenza per anni in condizioni di lavoro inaccettabili, a contatto con sostanze velenose o cancerogene. La situazione negli anni 50 del Novecento era così grave da indurre il Parlamento a costituire nel 1956 una Commissione di inchiesta presieduta da Rubinacci; i risultati di quel lavoro sono contenuti in una ventina di volumi purtroppo ormai sepolti in poche biblioteche

Negli anni sessanta, intanto, si faceva strada una nuova generazione di studiosi attenti ai problemi del lavoro: per citarne solo due, Giovanni Berlinguer e Giulio Maccacaro (1924-1977) ebbero, con i loro scritti e con il loro impegno personale, un ruolo determinante nel far crescere una nuova coscienza anche fra i lavoratori.

Si può dire che l' "ecologia", intendendo con questa parola l'attenzione per i rapporti fra la persona umana e l'ambiente in cui vive, e' nata nelle fabbriche in cui le nocività industriali o gli incidenti colpivano i lavoratori prima ancora che gli abitanti all'esterno della fabbrica o del campo. Negli anni sessanta e settanta del Novecento il sindacato ha condotto importanti lotte per il miglioramento delle condizioni di lavoro.

Ci sarebbe tuttavia voluta la morte di tredici lavoratori, molti giovanissimi, nei cantieri navali di Ravenna, il 13 marzo 1987, per indurre il Parlamento ad affrontare di nuovo in modo sistematico i problemi delle condizioni di lavoro. Nel giugno 1988 la Commissione Affari sociali della Camera ha fatto una breve indagine conoscitiva; quasi contemporaneamente al Senato, su iniziativa del senatore comunista Pecchioli e di altri, è stata approvata all'unanimità la istituzione di una Commissione di inchiesta --- dotata cioè degli stessi poteri della magistratura --- sulle condizioni di lavoro nelle aziende.

Il titolo è giustamente ampio perchè le aziende comprendono sia le industrie, sia l'agricoltura, sia i servizi, da quelli della distribuzione alle nuove condizioni di lavoro ai videoterminali, alle discariche di rifiuti, eccetera. Istituita l'11 luglio 1988, la Commissione --- presieduta dal vicepresidente del Senato Luciano Lama (1921-1996) e composta di venti senatori --- si insediò l'8 novembre 1988, con il mandato di chiudere i lavori entro dieci mesi, cioè entro l'8 settembre 1989. Il compito principale era quello di identificare le carenze della attuale normativa e di fare proposte per una legislazione più moderna ed adeguata: un compito umanitario, quindi.

La Commissione ha cominciato i suoi lavori con una serie di visite in alcune realta' produttive: i cantieri navali di Ravenna; i campi coltivati di Cesena; alcune concerie a Santa Croce sull'Arno, in provincia di Pisa; lo stabilimento ACNA di Cengio, in provincia di Savona; lo stabilimento Alfa Romeo di Arese; l'impianto siderurgico ILVA di Taranto; il cantiere di ampliamento dello stadio olimpico di Roma; le cave di travertino a Guidonia, vicino a Roma; i cantieri edili del nuovo centro direzionale di Napoli; le coltivazioni agricole del Casertano; le cave di marmo di Carrara; i cantieri navali di La Spezia; lo stabilimento petrolchimico di Gela, in provincia di Siracusa; le serre di Ragusa; la fabbrica chimica Caffaro di Brescia; una trafileria di acciaio a Nave, in provincia di Brescia; i cantieri di costruzione della ferrovia direttissima Arezzo-Firenze.

Nelle varie città ci sono stati incontri con i sindacati, gli imprenditori, con le autorità responsabili della difesa della salute nel territorio, dai sindaci al personale delle unità sanitarie locali.

Dopo ciascun incontro sono state fatte visite a fabbriche, cantieri, campi, avendo cura di non preavvertire dove saremmo andati proprio per evitare, per quanto possibile, una mascheratura dei pericoli e degli inconvenienti. Tanto che alcune violazioni sono state rilevate direttamente e denunciate nel corso delle ispezioni.

Dalle visite fatte, come membro della Commissione, ho ricavato l'impressione che ci sia ancora molto da fare nel campo della protezione dei lavoratori. Innanzitutto la Commissione ha potuto vedere, come è ovvio, una piccolissima parte della realtà. Per esempio nel comprensorio del cuoio di Santa Croce sull'Arno --- ma la situazione è simile a Solofra (Salerno) o ad Arzignano (Vicenza) --- gran parte del lavoro, specialmente delle calzature, e' fatto in piccole imprese artigiane o familiari come lavoro a domicilio.

Per aumentare i guadagni sono spinti a lavorare tutti, bambini e anziani compresi, con solventi puzzolenti e talvolta pericolosi negli stessi locali dove si mangia e si dorme; questa realtà --- anche se la Commissione non e' riuscita a vederla direttamente --- rappresenta una parte rilevante di quel mondo sommerso del lavoro che senza dubbio mette in circolazione ricchezza, talvolta anche tanta ricchezza, ma che rappresenta un passo indietro rispetto alle prospettive di reale progresso in cui tanti di noi hanno sperato. Ma anche nelle imprese piu' grandi non e' facile riconoscere le situazioni di pericolo; come e' facilmente intuibile, in molte zone la fabbrica e' spesso l'unica reale fonte di ricchezza per decine e centinaia di famiglie: gli imprenditori non esitano a insistere che qualsiasi aumento degli accorgimenti di sicurezza, di filtrazione dei gas, di trattamento dei rifiuti rende la produzione troppo costosa, la mette "fuori dal mercato", e quindi le richieste dei lavoratori di maggiore sicurezza e difesa dagli incidenti possono essere pagate con la disoccupazione.

Questo "ricatto occupazionale" e' del resto un fenomeno ben noto e diffuso e si presenta sempre anche nelle lotte per la difesa dell'ambiente; la minaccia --- aria pulita uguale disoccupazione --- è sempre stata anzi uno strumento per mettere gli operai contro i movimenti di difesa dell'ambiente, talvolta comprendenti i loro stessi familiari.

Nel caso delle condizioni di lavoro all'interno della fabbriche, degli uffici e dei campi il ricatto occupazionale addirittura mette i lavoratori contro se stessi e li spinge spesso a tacere o minimizzare i rischi. Siamo stati spesso aiutati dal sindacato, per le zone o le produzioni in cui esiste una forte adesione dei lavoratori alle tre confederazioni; dove i lavoratori sono poco sindacalizzati o nelle piccole aziende e' ancora piu' difficile comprendere le vere condizioni in cui operano i lavoratori. Fino al caso limite dell'ACNA di Cengio, la industria che e' stata al centro di vivaci contestazioni ecologiche, dove la Commissione ha trovato sia i lavoratori, sia la popolazione tutti saldamente schierati a favore della fabbrica e degli imprenditori, pronti a spiegarci che in passato ci sono forse stati inconvenienti, ma che ora l'impresa ha introdotto tante nuovi accorgimenti di sicurezza per cui tutte le cose vanno sostanzialmente bene.

Un punto importante riguarda chi ha il dovere di controllare le condizioni di lavoro. La riforma sanitaria assegna alle Unità sanitarie locali questo compito che esse devono svolgere sia di propria iniziativa, sia su segnalazioni dei lavoratori o della magistratura. Non posso dire che dovunque e sempre questa azione sia svolta con sufficiente energia e spesso si e' sentita la polemica fra i vecchi Ispettorati del lavoro - le cui competenze piu' importanza dal punto di vista della prevenzione sono state trasferita alle Unità sanitarie locali --- e i responsabili e i dirigenti delle stesse USL.

I funzionari delle USL addetti alla prevenzione sono concordi nel rivendicare le proprie competenze e nell'indicare, però, che essi possono svolgere soltanto limitatamente i propri compiti a causa della mancanza di personale e di attrezzature. Opportunamente gli operatori della prevenzione negli ambienti di lavoro hanno creato una propria Società, dalla sigla SNOP, molto attiva. La SNOP ha sede a Milano e pubblica un periodico ricco di informazioni, che fa circolare gli importanti risultati dei convegni e i risultati degli studi dei numerosi soci.

Ancora una volta ci si rende conto come la riforma sanitaria risulti incompiuta, almeno sul terreno della prevenzione dei danni alla salute dei lavoratori e dei cittadini. La difesa della salute in fabbrica, negli uffici, nei campi, e la difesa della salute dei cittadini e dei consumatori rispetto alle nocività ambientali, alle frodi alimentari, alla contaminazione dell'ambiente, sono due aspetti strettamente interrelati.

Non ci si può accontentare delle perizie affidate alle Università o a privati; sarebbe piuttosto necessario creare una rete, ben organizzata, di laboratori capaci di collaborare fra loro e con gli utenti, magari attraverso una specializzazione dei compiti. E' impensabile che ogni provincia, ogni USL, abbia un proprio laboratorio capace di analizzare le fibre di amianto nell'aria, le sofisticazioni dell'olio, la composizione delle polveri, i microinquinanti atmosferici, - solo per citare alcuni casi - con uguale accuratezza, e che nello stesso tempo sia attrezzata per intervenire e fare prelevamenti di campioni, misure di rumore, controllo dei macchinari, eccetera.

D'altra parte se si fa un rapido conto di quanto costa alla collettivita' la mancanza di una adeguate struttura di difesa della salute attraverso la prevenzione, ci si rende facilmente conto come sia largamente ripagato qualsiasi investimento in personale e laboratori mirati alla prevenzione degli incidenti in fabbrica. Un altro settore che risulta carente e' quello delle statistiche; le statistiche degli enti previdenziali INAIL e INPS sono rilevate a livello locale, talvolta in modo non omogeneo, solo da poco sono avviate a uffici centrali di raccolta, sono spesso mirate a fini fiscali. E' quindi difficile comprendere la tendenza degli infortuni, della loro gravità, dei casi di morte in periodi abbastanza lunghi e significativi. E' difficile dire se effettivamente le condizioni di lavoro sono migliorate o peggiorate negli ultimi venti anni. Queste sono finora alcune impressioni di viaggio; e' certo che la Commissione ha raccolto presso il Senato un archivio di documenti che serviranno per la preparazione della relazione finale, ma che resteranno come una testimonianza di eccezionale importanza sulla situazione delle condizioni di lavoro alla fine degli anni ottanta di questo secolo.

Il Parlamento vuole capire le condizioni del lavoro e sta ascoltando i lavoratori, le loro organizzazioni, la voce di chi vive in pericolo, esposto a sostanze pericolose e che forse finora si e' sentito solo; vuole ascoltare per conoscere e per cambiare leggi, rimuovere ostacoli, far rispettare le leggi esistenti. Scrivete, se credete, esponendo i vostri problemi di lavoro, denunciando le cose che non vanno, facendo proposte, al seguente indirizzo: Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro nelle aziende, Senato della Repubblica, 00186 Roma.

Breve bibliografia

Karl Marx, 'Il capitale", soprattutto Libro Primo, capitolo ottavo della terza sezione (La giornata lavorativa) e i capitoli dodicesimo e tredicesimo della quarta sezione. 1867. Per "genocidio pacifico" Marx intendeva il consumo indiscriminato della forza-lavoro che il capitale compie "prolungando i limiti massimi morali della giornata lavorativa, ma anche quelli puramente fisici".

G. Marri e I. Oddone (a cura di), "L'ambiente di lavoro", Editrice sindacale Italiana, Roma, 1967

G. Berlinguer, "La salute nelle fabbriche", Bari, De Donato, 1969

Renato Panzieri, "Lotte operaie nello sviluppo capitalistico", Torino, Einaudi, 1972

S. Merli, "Proletariato di fabbrica e capitalismo industriale. Il caso italiano 1880-1900", La Nuova Italia, Firenze, 1972, 1976

G.A. Maccacaro, “Classe e salute", novembre 1973

"La salute in fabbrica", Savelli, 1974

"Nocività nell'industria chimica. Atti del seminario del Politecnico di Torino", Torino, Levrotto e Bella, 1976

I. Oddone e altri (a cura di), "Ambiente di lavoro. La fabbrica nel territorio", Editrice Sindacale Italiana, Roma, 1977

"Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966/1976", Milano,Feltrinelli, 1979 (contiene uno spaccato dell'opera e degli scritti di G.A. Maccacaro)

"Lotte e sapere operaio", Milano, CLUP/CLUED, 1979

"Convegno su Prevenzione e sicurezza del lavoro negli anni '80", Brescia, 11-12 gennaio 1985

R. Guarinello, "Se il lavoro uccide", Torino, Einaudi, 1985

Centro per la salute Giulio A. Maccacaro, "Attualità del pensiero e dell'opera di G.A. Maccacaro", Cooperativa Centro per la Salute Giulio A. Maccacaro di Castellanza, Milano, settembre 1988





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