venerdì 22 giugno 2012

Anniversario del referendum nucleare 2011

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 12 giugno 2012

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Sembra passato un secolo, eppure è solo anno da quando gli italiani hanno espresso a grandissima maggioranza, con due referendum “ambientali”, la volontà di impedire la costruzione di nuove centrali nucleari e di impedire che avide società private si approprino delle aziende che distribuiscono l’acqua potabile nelle nostre case (6 miliardi di metri cubi all’anno) e dei molti miliardi di euro all’anno.ricavati dalla vendita di un bene, l’acqua, che è di tutti noi. Il referendum contro l’energia nucleare ha fortunatamente fermato un’avventura che rischiava di finire in un disastro ecologico ma anche finanziario.

Nel 2008 il IV governo Berlusconi aveva lanciato l’idea di costruire “alcune” centrali nucleari di progettazione francese, da installare in qualche località della nostra penisola. Avevano così trovato ascolto i potenti interessi economici e finanziari che da molti anni lavoravano con una sottile continua pubblicità tendente a dimostrare che l’Italia avrebbe pagato di meno l’energia, in un periodo di prezzi del petrolio crescenti, se non avesse abbandonato la scelta nucleare con lo “sventurato” referendum del 1989, dopo l’incidente al reattore ucraino di Chernobyl (1986). Benché da allora il numero di reattori funzionanti nel mondo sia rimasto quasi stazionario, i fautori del nucleare hanno continuato ad alimentare speranze e illusioni di nuovi reattori “sicuri”, in attesa del sogno di reattori a fusione del tutto “puliti”.

In questo quadro la società nucleare statale francese, proprietaria anche di varie miniere di uranio in Africa, ha puntato su un reattore, denominato EPR, di “terza generazione”, ad uranio arricchito al 3-4 % e moderato e raffreddato ad acqua, ma dotato di maggiori criteri di sicurezza: grosse pareti dei reattori e delle centrali, sistema di assorbimento interno della radioattività che dovesse fuoriuscire in seguito ad un eventuale incidente. Di questi reattori di terza generazione sono in costruzione due unità, una in Finlandia e una in Francia. La centrale nucleare finlandese di Olkiluoto, che avrebbe dovuto entrare in funzione nel 2009, non produrrà elettricità prima del 2015; l’entrata in funzione della centrale francese di Flamanville è stata rimandata dal 2012 al 2016; i costi previsti sono raddoppiati nel corso della costruzione. Proprio centrali di questo tipo avrebbe dovuto acquistare l’Italia.

Negli anni dal 2008 al 2011 c’è stata una frenetica campagna di stampa e pubblicità per cercare di far credere che le centrali nucleari producono elettricità a bassi costi, sono sicure, sono pulite perché non producono l’anidride carbonica che provoca l’alterazione del clima e perché le scorie si possono sistemare senza problemi. Per arginare la prevedibile contestazione dei paesi destinati ad “ospitare” le nuove centrali italiane, sono stati affrettatamente approvati vari decreti che ponevano sotto segreto di stato e sotto il controllo del governo le attività di localizzazione e costruzione. E’ così nato un vasto movimento di contestazione che ha presentato la domanda di un referendum abrogativo di tali norme e il referendum è stato fissato il 12 giugno 2011, appunto un anno fa.

La pressione dei sostenitori del nucleare era al massimo quando, poche settimane prima, nel marzo 2011, il grande terremoto giapponese ha provocato l’incendio e addirittura la fusione del “nocciolo” (il massimo incidente nucleare) in quattro dei sei reattori della centrale di Fukushima, con fuoriuscita di grandi quantità di radioattività. Lasciando da parte molti altri incidenti minori, era il terzo grave incidente nucleare, dopo quello di Chermobyl e un altro negli Stati Uniti nel 1979, nel corso di mezzo secolo: altro che sicurezza ! Il referendum di un anno fa disse ancora una volta chiaramente che in Italia non c’è posto per le centrali nucleari, anche per le caratteristiche geografiche e sismiche del paese. La catastrofe di Fukushima spinse tutti i paesi ad avviare dei processi di revisione dei loro programmi e addirittura da allora in Giappone sono state fermate tutte le centrali nucleari. Comunque 450 centrali nucleari sono ancora in funzione nel mondo e continuano ogni anno a produrre residui e scorie radioattive che nessuno sa dove sistemare.

E’ opportuno ricordare l’anniversario del referendum perché continua a circolare nel mondo una vivace pressione a favore del nucleare da parte dei forti interessi finanziari relativi al commercio dell’uranio, ai processi di arricchimento, alla vendita delle centrali. Addirittura sembrava che il governo giapponese volesse autorizzare l’entrata di nuovo in funzione di una delle centrali nucleari chiuse, un tentativo di resurrezione nucleare contro cui hanno lanciato un appello numerosi studiosi giapponesi e italiani.

Un breve commento finale per mettere in guardia l’opinione pubblica contro il sogno della “fusione fredda”; da quando, nel 1989, due studiosi americani hanno annunciato di aver ottenuto, con esperimenti che non sono mai stati confermati, una fusione nucleare “fredda” che assicurerebbe elettricità pulita, illimitata e a basso prezzo, nuovi inventori continuano a farsi finanziare ricerche promettendo qualche successo nucleare che non viene mai. La natura è grande e generosa ma non da niente gratis: qualche costo di inquinamento e ambientale si deve sempre pagare.



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