martedì 27 ottobre 2009

Un motore da auto in casa

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 27 ottobre 2009

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Le vendite delle automobili non vanno tanto bene; il mercato è saturo perché una famiglia può avere al più due o tre automobili e poi perché le strade, soprattutto quelle delle città, non ce la fanno più a sopportare un traffico automobilistico crescente e inquinante e diminuiscono continuamente gli spazi in cui parcheggiare: il traffico urbano è costituito per lo più da autoveicoli che spostano i lavoratori dalle zone residenziali alle zone dei posti di lavoro dove le automobili stanno ferme otto ore al giorno, più “auto-ferme” che “auto-mobili”, occupando spazio stradale; lo spazio stradale disponibile per il movimento diventa più stretto, il traffico si fa più lento con conseguente aumento dei consumi di carburante e dell’inquinamento. E’ una reazione a catena: la pressione dei venditori e facilitazioni di pagamento e sconti, pagati con pubblico denaro, con incentivi ”alla rottamazione”, spingono le famiglie ad acquistare nuove automobili, a buttare via le vecchie con aumento dei “rottami”, appunto, il cui smaltimento inquinante ricade come costo su tutti i cittadini e a far crescere il traffico caotico.

Una situazione insostenibile. Sta suscitando perciò interesse la proposta di utilizzare il motore, che è poi il cuore di un’automobile, come generatore fisso di elettricità, magari nella cantina di un condominio. Un motore a scoppio è una macchina termica che trasforma il calore dei combustibili in energia meccanica (quella che fa girare le ruote del veicolo) e calore. Su un autoveicolo un motore a scoppio ha un basso rendimento, un alto consumo di combustibile e provoca un elevato inquinamento perché il traffico, specialmente urbano, impone continue accelerazioni e frenate. Minore consumo e inquinamento si avrebbero se il motore funzionasse in modo continuo: già le automobili “ibride” hanno un motore a scoppio che funziona in modo continuo e ricarica le batterie elettriche che alimentano un motore elettrico, quello che è collegato alle ruote.

Un edificio ha bisogno sia di elettricità sia di calore; secondo la nuova proposta un motore a scoppio da automobile, posto in un condominio, in un negozio, in una piccola fabbrica, è collegato con un generatore di elettricità e con un sistema di recupero del calore che inevitabilmente si libera come sottoprodotto in un motore a scoppio L’edificio non avrebbe bisogno di acquistare elettricità e non ci sarebbe bisogno di nuove grandi centrali termoelettriche; ci sarebbe minore bisogno di combustibili per il riscaldamento, e le case automobilistiche potrebbero continuare a far lavorare i loro stabilimenti vendendo motori da installazione fissa.

Ci sono alcune complicazioni: una famiglia o un negozio ha bisogno di elettricità e calore in quantità variabile nelle varie ore del giorno e di giorno in giorno, di stagione in stagione; il “motore di condominio”, per funzionare bene, deve produrre elettricità e calore 24 ore al giorno per tutto l’anno e occorre perciò qualcuno disposto a comprare l’elettricità generata nelle ore in cui non c’è richiesta, un po’ come avviene con i generatori di elettricità solare o eolica. Insomma il successo della nuova proposta richiede tre soggetti; chi affitta o vende un motore fisso “a energia totale” che consuma e inquina poco funzionando in maniera continua; un secondo soggetto, che ha bisogno di elettricità e calore, per esempio, una famiglia, un condominio, un negozio, una piccola fabbrica, ma in modo discontinuo; e un terzo soggetto, per esempio una società elettrica, disposto a comprare l’elettricità che non è usata da chi ha installato il motore “a energia totale”.

La società automobilistica tedesca Volkswagen ha proposto di utilizzare, come generatore fisso, il motore montato sulla Golf e si è accordata con una società elettrica tedesca minore che compra e paga l’elettricità in eccesso generata presso il cliente, condominio o negozio, il quale paga il gas naturale che alimenta il suo “motore totale”, proprio come avviene in molte caldaie domestiche individuali o condominiali, e riscuote soldi per l’elettricità prodotta in eccesso e venduta alla società elettrica; il cliente inoltre ottiene calore (sotto forma di vapore o acqua calda) che gli serve per il riscaldamento invernale, per l’acqua per usi igienici o per le lavatrici, eventualmente per azionare frigoriferi ad assorbimento, che producono il freddo con il calore anziché con l’elettricità (si tratta di frigoriferi efficienti e ben collaudati). Sembrerebbero tutti contenti; la fabbrica che può continuare a produrre motori anche se la richiesta di automobili è in declino, il condominio o il negozio che spendono meno per l’elettricità e il riscaldamento, la società elettrica, l’economia energetica del paese, l’ambiente.

La cosa buffa è che questa stessa idea è stata proposta trent’anni fa da un ingegnere italiano, Mario Palazzetti, che lavorava per la Fiat; allora il dispositivo si chiamava Totem (un nome che indicava una utilizzazione “totale” dell’energia) e ne sono state vendute alcune unità, di diversa dimensione, negli anni fra il 1973 e il 1980. Poi la Fiat cessò la produzione, ripresero le vendite delle automobili e fu messa da parte questa utilizzazione “secondaria” dei motori, ricordata soltanto da chi si occupa di storia della tecnica; l’abbandono del progetto Totem ha rappresentato per l’economia energetica italiana (ma anche per la Fiat), una delle tante occasioni di innovazione perdute, un po’ per miopia dell’Enel, che allora sognava di costruire diecine di grandi centrali nucleari, un po’ per miopia della Fiat. Non so che fine farà anche questo nuovo sistema “a energia totale” riproposto dalla Volkswagen, ma è una cosa da seguire con attenzione. Chi sa che la storia della tecnica e dell’energia non nasconda altre invenzioni dimenticate, da ripescare nei tempi di crisi ?

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